ROMA - Con la proclamazione da parte della Corte di Cassazione dei risultati complessivi delle elezioni e la conseguenziale proclamazione degli eletti affidata agli uffici circoscrizionali presso le Corti d'Appello, il procedimento elettorale «si chiude». «La palla passa al nuovo Parlamento che, in base all'articolo 66 della Costituzione, è il giudice delle elezioni: le nuove Camere eleggono le Giunte provvisorie per le elezioni, alle quali tocca il compito di esprimersi su eventuali ricorsi». E' il costituzionalista Beniamino Caravita a spiegare gli eventuali passaggi successivi dopo il verdetto della Suprema Corte che ha confermato la vittoria del centrosinistra alle elezioni del 9 e 10 aprile.
Un risultato che può essere contestato, quindi, solo con un ricorso alla Giunta per le elezioni di Camera e Senato, una volta che il nuovo Parlamento si sarà insediato, «non apparendo praticabile -sostiene Caravita- l'ipotesi di un decreto legge che introduca ulteriori fasi di controllo». L'attribuzione del controllo dei risultati delle elezioni parlamentari allo stesso Parlamento appare comunque «storicamente superata": «Quasi tutte le altre democrazie moderne affidano il controllo dei risultati agli organi di giustizia costituzionale», osserva Caravita, sottolineando che «tale previsione ha comunque diretto fondamento costituzionale».
Certo, ragiona ancora il costituzionalista, l'ordinamento italiano prevede una «valvola di chiusura» delle controversie politiche: si tratta del «conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, di cui è giudice la Corte costituzionale, che fino ad oggi si è sempre dimostrato uno strumento estremamente flessibile». «Si tratta comunque di ipotesi allo stato remote e certo non auspicabili», conclude Caravita.
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