MILANO - «Prodi era aperto e voleva comunicare, Berlusconi era chiuso e come ripiegato su se stesso»: senza con questo voler dare alcun giudizio di tipo politico, ma solo «squisitamente comunicativo», il direttore della Alta Scuola di Comunicazione dell'Università Cattolica di Milano, Ruggero Eugeni, ha giudicato in questi termini il confronto televisivo tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi.
Il giudizio di Eugeni deriva dall'osservazione di questi elementi comunicativi del confronto moderato da Clemente Mimum.
IL VESTITO - Sbottonata la giacca di Prodi, sempre abbottonata quella di Berlusconi. «Questo ha dato l'idea che Prodi fosse più a suo agio, Berlusconi molto più contratto e come ripiegato su se stesso».
L'INQUADRATURA - Prodi, secondo il prof.Eugeni, ha beneficiato di un'immagine leggermente più allungata, «e il Professore è stato abile a sfruttarla al meglio, perchè nella mimica delle braccia e del busto è apparso più disinvolto rispetto a Berlusconi, schiacciato invece da un'inquadratura a schermo più largo, quasi un 16/noni che lo rendeva molto più statico».
LO SGUARDO - Molto mobile quello di Prodi, che non cercava nè fuggiva le telecamere così come gli occhi dell' avversario, dell'arbitro e dei giornalisti. «In particolare - ha detto Eugeni - in due o tre occasioni questa fluidità di fondo dell' atteggiamento del Professore è stata interrotta da momenti di immobilizzazione improvvisa che proprio per questo sono risultati molto più forti a livello di comunicazione». Al contrario Berlusconi ha spesso tenuto lo sguardo abbassato, «quasi fosse concentrato in un dialogo con se stesso più che con coloro che lo stavano ad ascoltare».
L'APPELLO FINALE - Quello di Berlusconi «quasi a voler chiedere scusa al pubblico per i vincoli imposti dalla regole», quello di Prodi invece «coerente con il linguaggio del corpo e con il suo modo di parlare sussurrato». «Berlusconi inoltre per 1'30» ha sbagliato la macchina, parlava alla telecamera sbagliata - ha aggiunto il direttore della Scuola di Alta Comunicazione della Cattolica di Milano -. Ma al di là di questo, è passata l'immagine di un comunicatore che per esprimersi chiede campo libero, perchè di quello ha bisogno e probabilmente piace al suo pubblico proprio per questo. Prodi al contrario ha dato l'immagine di uno che si trova meglio in spazi contingentati».
Nel complesso, dunque, un confronto che ha visto gli «elementi patemici» di Prodi muoversi «all'insegna di un messaggio di dialogo, di speranza, di unione, culminato nel retorico richiamo finale alla felicità». Gli «elementi patemici» di Berlusconi, invece, sono stati «più all'insegna della paura, della spaccatura, del rancore, e non a caso spesso scriveva o piegava nervosamente la carta». «Un'ultima curiosità - ha concluso il professor Eugeni -: la cravatta di Prodi. Era azzurra, a richiamare i colori dell'avversario».
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