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La «psicosi da aviaria» è ormai devastante. I consumi di carne di pollo sono scesi del 70 per cento e questo sta determinando una perdita nell'intera filiera di 6 milioni di euro al giorno. I più colpiti sono gli allevamenti rurali e biologici (rappresentano più del 10 per cento della produzione di pollame in Italia) che rischiano di chiudere entro breve tempo, mentre per l'occupazione nel comparto, che dà lavoro a 180 mila persone, è in vista un drammatico dimezzamento. A sottolinearlo è la Cia-Confederazione italiana agricoltori che si dice fortemente preoccupata per la situazione che si fa sempre più grave, rilevando che i danni hanno raggiunto i 650 milioni di euro.
La Cia afferma che la stragrande maggioranza degli allevamenti rurali, in particolare quelli che forniscono uova per la riproduzione e pulcini per l'ingrasso, sono completamente bloccati in quanto le richieste sono nulle. Stesso discorso per gli allevamenti biologici che cominciano ad evidenziare una fase di profonda crisi.
Gli allevamenti rurali e biologici rappresentano - sostiene la Cia - un comparto di grande importanza per la qualità delle loro produzioni e per il legame con il territorio e garantiscono l'avvio del ciclo della filiera avicola italiana. Allevamenti che, però, ora sono in grave pericolo e che, se non intervengono fatti nuovi, possono scomparire nel giro di breve tempo.
Fino a pochissimo tempo fa i consumatori - rileva la Cia - cercavano il pollo ruspante e le uova delle galline allevate per terra. Certamente il pollame che becchetta liberamente in ampio spazio verde vive meglio. Ecco il famoso benessere animale che permette di fornire carni avicole di maggiore qualità. E questo è proprio il settore rurale e biologico: il comparto dell'avicoltura più colpito e che rischia di scomparire. In alcune aree sono stati adottati disciplinari di qualità che regolamentano in modo severo allevamento, alimentazione e per questo motivo hanno ottenuto la certificazione di Igp o di prodotto biologico.
Oggi la «psicosi dell'influenza aviaria - ribadisce la Cia - si sta abbattendo con effetti devastanti su questi allevamenti che rappresentano la produzione avicola italiana più attenta alla qualità ed al benessere animale. Gli allevamenti rurali e biologici corrono così il pericolo di non riuscire a programmare il proprio futuro a fronte del drastico calo dei prezzi, alla paralisi delle vendite ed ai maggiori investimenti richiesti dalle nuove normative previste dalle ordinanze del ministero della Salute. Per loro è ormai il tracollo».
La Cia ricorda, infine, che gli allevamenti avicoli italiani hanno prodotto lo scorso anno 13 miliardi di uova, 430 milioni di polli, 40 milioni di galline, 36 milioni di tacchini e 100 milioni di altre specie avicole (tra queste, faraone, quaglie, anatre), per un totale di 1.200.000 tonnellate di carne, e fornito occupazione a 180.000 persone che lavorano nell'intera filiera, con un fatturato di 4,2 miliardi di euro (3 per le carni e 1,2 per le uova).
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