
ROMA - «Certo che questa riforma pregiudicherà l'efficienza della magistratura». Questo uno dei passaggi "politici" della Relazione sull' attività giudiziaria che il primo presidente della Cassazione, Nicola Marvulli, ha letto nell'Aula Magna alal cerimonia dell'inaugurazione dell'Anno giudiziario.
Marvulli ha aggiunto: «è sufficiente pensare al sistema dei concorsi per rendersi conto delle dimensioni del pregiudizio che subiranno tutti gli uffici giudiziari; chi dovrà partecipare e chi dovrà far parte delle commissioni esaminatrici non potrà certamente offrire tutta la sua disponibilità all'amministrazione della giustizia».
Il primo presidente della Cassazione punta anche il dito contro il sistema dei concorsi previsto dalla riforma dell'ordinamento giudiziario, sostenendo: «Farei violenza alla mia coscienza se non ricordassi in questa sede che il miglior giudice, quello di cui la società ha sempre auspicato di poter disporre, è quello la cui cultura è illuminata dal buon senso, dalla disponibilità all'ascolto, dalla professionalità non disgiunta dal coraggio e dalla volontà di lavorare al servizio dei cittadini, tutte doti e qualità che - ha sottolineato Marvulli - si dovrebbero poter verificare nel concreto esercizio delle rispettive funzioni, e non già soltanto attraverso la ricognizione di una preparazione teorica, che non può essere limitata negli angusti confini di una esasperata specializzazione».
Sulla riforma dell'ordinamento giudiziario Marvulli ha ricordato le «vivaci polemiche» e «i rilievi critici» mossi dalla magistratura nel corso del «lungo e tormentato» iter legislativo della riforma.
«Il confronto tra chi proponeva quella riforma e la magistratura c'è stato, è stato ampio, si è protratto per lungo tempo, ma non ha prodotto alcun risultato positivo perché è stato negativamente condizionato, da un lato, dalla convinzione dell'esistenza di una diffusa politicizzazione della magistratura e, dall'altro, perché - ha sottolineato Marvulli - si è rivelata inadeguata la valutazione della professionalità dei magistrati, operata soltanto in virtù di benemerenze anagrafiche».
«Orbene, se potevamo e possiamo rivendicare, con orgoglio, che la stragrande maggioranza dei magistrati ha sempre saputo non confondere le proprie funzioni, le proprie scelte decisionali e le proprie iniziative con i vantaggi che la politica ne poteva trarre, altrettanto certo - ha aggiunto il presidente della Cassazione - è che non sempre abbiamo saputo sanzionare adeguatamente e tempestivamente i censurabili comportamenti di chi, assumendo spregiudicate iniziative rivelatesi illegittime e comunque prive di qualsiasi fondamento, e, talvolta, offrendosi anche alla pubblica opinione, con i suoi interventi mediatici, è apparso come il privilegiato o esclusivo depositario della verità, ed ha finito per offrire della magistratura un immagine diversa da quella reale».
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