FIRENZE - «L'etica di grande potenza propugnata dagli Usa, e in generale nel mondo anglosassone, ha generato più guai dei problemi che ha risolto. La sua azione è stata caratterizzata dall'arbitrio e si è esposta a diversi rischi: al sospetto di coltivare più i propri interessi che un ideale di libertà, e al rischio della doppia risposta per cui si combatte chi ci dà fastidio e si sostiene chi ci sostiene». È stata articolata e complessa la replica che il presidente dei Ds Massimo D'Alema ha riservato, stamane a Firenze, ai due teorici neocon della guerra preventiva, gli americani Richard Perle e Michael A. Ledeen.
I due esponenti neocon - nella tavola rotonda organizzata in Palazzo Vecchio da Eunomia su «La politica di Europa e Stati Uniti di fronte alle sfide della globalizzazione» - avevano appena terminato di spiegare ad un pubblico, in maggioranza di studenti italiani, la genesi della risposta unilaterale di guerra Usa contro il terrorismo e la necessità di esportare democrazia con l'uso delle armi.
Ma D'Alema non ha risparmiato critiche anche all'atteggiamento e alla filosofia caratteristici dell'Europa in cui - ha spiegato - «c'è l'idea che debba sempre prevalere il diritto, sulla scia del pensiero kantiano di un governo mondiale basato sulla legalità. Questa concezione sembra a volte utopistica e spesso ha portato all'impotenza, al mantenimento di regole arcaiche, all'ipocrisia, all'incapacità di agire».
Questa divaricazione di pensiero tra Usa e Europa, secondo D'Alema, deve finire. «Europa e Usa hanno un interesse comune a rafforzare le istituzioni internazionali. Se l'Onu è impotente, si può approfittare della sua impotenza come fanno i rivoluzionari conservatori americani, oppure considerare questo un problema grave da risolvere. Il nostro interesse è rafforzare il sistema ricordando bene che la governance globale non consiste solo nella lotta al terrorismo che è tanto più efficace quanto più si affrontano le altre sfide globali, la povertà, le differenze tra Nord e Sud del mondo, lo sfruttamento delle risorse del pianeta. Il terrorismo non nasce dalla povertà, ma da queste contraddizioni trae la propria giustificazione ideologica».
D'Alema si è detto convinto che «non sempre esportare la democrazia con le armi è legittimo». «La guerra in Iraq - ha detto - ha prodotto un beneficio, la cacciata di Saddam Hussein, e molti costi: il costo in vite umane e poi, favorendo la campagna di reclutamento, l'estensione del terrorismo, la perdita di autorità morale da parte dei governi occidentali che hanno mentito all'opinione pubblica. Senza contare che le torture, la violazione dei diritti umani hanno inferto un durissimo colpo all'Occidente e tutto questo ha dato nuove armi al terrorismo».
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