
BARI - Un processo di revisione per riabilitare la figura del generale barese Nicola Bellomo che nell'immediato dopoguerra venne condannato e fucilato dalle truppe alleate inglesi per crimini di guerra in un processo che si consumò in poche udienze e sul quale alcuni storici sollevano dubbi. È l'iniziativa promossa dal sottosegretario alla Difesa Rosario Giorgio Costa, e annunciata oggi a Bari durante la cerimonia per la giornata dell'unità nazionale e delle forze armate che si è tenuta al Sacrario dei caduti oltremare alla presenza del presidente della Camera, Pierferdinando Casini.
Bellomo è uno dei pochi militari italiani che furono condannati per crimini di guerra e giustiziato nel dopoguerra. Sul processo condotto dalle forze militari inglesi da anni gli storici hanno sollevato dubbi che riguardano non solo la regolarità delle procedure, ma anche il ruolo dei vertici militari italiani che non si impegnarono nella difesa di Bellomo.
«Nella sentenza - ricorda lo storico Vito Antonio Leuzzi, direttore del centro studi sull'antifascismo di Bari - non si tenne nemmeno conto del ruolo eroico che il generale Bellomo ebbe nei fatti che si verificarono a Bari dopo l'armistizio e nella difesa della città e del porto contro le rappresaglie dei tedeschi che si ritiravano». «Il generale, peraltro, rifiutò di chiedere la grazia alla corte inglese, che la avrebbe concessa salvandogli la vita, e che riconobbe la dignità con la quale l'ufficiale italiano affrontò la sentenza».
Il generale barese era stato comandante del campo di prigionia di Torre Tresca. La vicenda per la quale fu condannato si consumò nel '41. Dopo un tentativo di fuga, due ufficiali inglesi furono catturati e riportati al campo. Qui uno di loro venne ferito a morte e l'altro si salvò. Per questa vicenda Bellomo fu arrestato nel gennaio del '44 (sulla base di una denuncia anonima, che secondo Leuzzi ebbe una matrice italiana) e processato nell'estate del '45 dopo la Liberazione. L'accusa sostenne che era stato lui a sparare o a dare l'ordine, mentre il generale negò sempre.
«Nel processo - osserva Leuzzi - non si tenne in alcun conto il ruolo eroico che l'ufficiale aveva avuto nei fatti del 9 settembre '43 verificatisi a Bari», mentre su tutta la vicenda gravano molti punti interrogativi, soprattutto per quanto riguarda il ruolo degli italiani più che degli inglesi».
Bellomo, infatti aveva denunciato i vertici della milizia e i vertici militari per il comportamento da loro tenuto dopo l'armistizio, sollevando sospetti di collaborazionismo. Questo, secondo Leuzzi, spiegherebbe perché lo Stato Maggiore italiano e gli alti comandi «non si impegnarono a sostenere a fondo il generale che pure aveva avuto un ruolo eroico nella difesa di Bari. Un ruolo che venne successivamente riconosciuto con una medaglia d'argento al valore militare nei primi anni Cinquanta.
La vicenda, secondo lo storico barese è molto complessa e interna all'Italia: lo dimostra il fatto che gli atti dell'inchiesta che venne aperta subito dopo l'uccisione dell'ufficiale inglese scomparirono. Per Leuzzi, quindi, va assolta la corte inglese (che per altri storici invece condusse un processo sommario senza offrire a Bellomo la possibilità di difendersi) mentre attribuisce la responsabilità della condanna al «clima torbido determinato dal dopo Badoglio e dal tentativo di tutti coloro che erano stati responsabili della guerra fascista di stendere un velo su quanto avvenuto». Lo stesso Badoglio e i generali italiani, secondo Leuzzi, temevano infatti che inglesi e americani pretendessero una Norimberga italiana per i crimini di guerra commessi in particolare nei Balcani, e proprio per questo, evitarono anche nella vicenda Bellomo possibili contrapposizioni con gli alleati.
«Comunque - ha detto oggi Costa - il testamento spirituale di Bellomo fu che un giorno potesse rifarsi il processo. Per questo - ha detto - è mia intenzione, nel rispetto dei compiti e delle competenze, di concerto con il ministro Martino e con l'ausilio della Procura generale militare presso la Corte di cassazione a riguardo già allertata, assecondare il progetto culturale volto a promuovere la revisione del processo al generale, ritenuto dai baresi un martire ed un fulgido esempio di altruismo e di eroismo». Al generale barese, infatti, la città ha anche dedicato una strada.
Paola Laforgia
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