Una lunga scia di sangue
BARI - Il «mostro» cambia faccia. La malavita cambia i suoi connotati a colpi di pistola e la rivoluzione ha le sue vittime da immolare, vecchi padrini di una criminalità finita sotto processo per mafia ma che le sentenze hanno spesso ridimensionato a criminalità comune. Il primo pezzo da novanta sacrificato sull’altare del cambiamento da nuovi malavitosi rampanti è stato Cesare Diomede, assassinato la sera del 28 agosto del 2011 in via Buccari a Carrassi. Cesare era figlio di Biagio, vecchio boss del quartiere Carrassi e nipote del più noto Giuseppe Diomede, figura di spicco della criminalità del quartiere San Paolo, meglio noto come «Pinuccio il cantante» o «Pino Diò».
La famiglia Diomede fece parlare molto di sè negli anni Novanta. Giuseppe Diomede, insieme con Nicola Diomede, furono condannati all’ergastolo in primo grado in quanto ritenuti i mandanti della strage di «San Valentino», eseguita da tre sicari divenuti, in seguito, tutti collaboratori di giustizia e tutti condannati con rito abbreviato a pene che variano tra 14 ai 16 anni di reclusione. A Carassi, Picone, San Pasquale il nome di Cesare Diomede, fino alla sua morte, ha continuato a fare paura. Chi lo ha tolto di mezzo ha potuto avere mano libera nel controllo degli affari illeciti in quella zona per lungo tempo contesa.
A pagare con la vita, per il solo fatto di essere stato amico e sodale di Diomede, due mesi dopo, nel pomeriggio di domenica 30 ottobre, è stato il 21enne Alessandro Marzio, assassinato in via dei Mille, sotto casa del padre. Il nome dei Diomede, nelle inchieste della Direzione distrettuale antimafia sulla criminalità al quartiere San Paolo, è stato spesso legato a quello di Giuseppe Mercante, alias «Pinuccio ù drogat», uno dei «pezzi da novanta» della vecchia guardia che un anno dopo la morte di Cesare Diomede è ancora in libertà, a rappresentare e forse anche a garantire vecchi equilibri di potere, uno «status quo» che per molti non è più sopportabile.
Così, dopo la morte di Diomede nella lista di proscrizione, quasi certamente stilata dalle nuove frange del crimine organizzato decise a ritagliarsi uno spazio importante all’interno della divisione della città in zone dove fare business (droga, usura, estrosioni), è finito «Pinuccio ù drogat» e con lui parenti e amici (due dei tre attentati consumati a colpi di pistola la scorsa settimana a Santo Spirito e San Paolo erano diretti a suoi parenti). Nel pomeriggio di mercoledì 22 agosto Mercante è stato ferito gravemente ed ancora si trova in ospedale dove i medici non sciolgono la prognosi. Prima Diomede, poi Mercante, gente di rango elevato.
Infine, Felice Campanale, 66 anni padre del più famoso Leonardo, considerato in passato referente degli Strisciuglio a San Girolamo. Felice Campanale, ferito in maniera non grave nella serata di sabato 25 agosto, non è un boss ma certo un nome di rispetto, uno che a San Girolamo conta parecchio. Nel generale regolamento di conti non sono finiti solo presunti «padrini» (nessuno dei nomi citati è mai stato condannato per mafia) ma anche galoppini e reggiborse come si presume sia stato Massimiliano Villoni, ucciso nel suo letto a luglio pare dopo essersi avvicinato al gruppo Mercante.
l.nat.
La famiglia Diomede fece parlare molto di sè negli anni Novanta. Giuseppe Diomede, insieme con Nicola Diomede, furono condannati all’ergastolo in primo grado in quanto ritenuti i mandanti della strage di «San Valentino», eseguita da tre sicari divenuti, in seguito, tutti collaboratori di giustizia e tutti condannati con rito abbreviato a pene che variano tra 14 ai 16 anni di reclusione. A Carassi, Picone, San Pasquale il nome di Cesare Diomede, fino alla sua morte, ha continuato a fare paura. Chi lo ha tolto di mezzo ha potuto avere mano libera nel controllo degli affari illeciti in quella zona per lungo tempo contesa.
A pagare con la vita, per il solo fatto di essere stato amico e sodale di Diomede, due mesi dopo, nel pomeriggio di domenica 30 ottobre, è stato il 21enne Alessandro Marzio, assassinato in via dei Mille, sotto casa del padre. Il nome dei Diomede, nelle inchieste della Direzione distrettuale antimafia sulla criminalità al quartiere San Paolo, è stato spesso legato a quello di Giuseppe Mercante, alias «Pinuccio ù drogat», uno dei «pezzi da novanta» della vecchia guardia che un anno dopo la morte di Cesare Diomede è ancora in libertà, a rappresentare e forse anche a garantire vecchi equilibri di potere, uno «status quo» che per molti non è più sopportabile.
Così, dopo la morte di Diomede nella lista di proscrizione, quasi certamente stilata dalle nuove frange del crimine organizzato decise a ritagliarsi uno spazio importante all’interno della divisione della città in zone dove fare business (droga, usura, estrosioni), è finito «Pinuccio ù drogat» e con lui parenti e amici (due dei tre attentati consumati a colpi di pistola la scorsa settimana a Santo Spirito e San Paolo erano diretti a suoi parenti). Nel pomeriggio di mercoledì 22 agosto Mercante è stato ferito gravemente ed ancora si trova in ospedale dove i medici non sciolgono la prognosi. Prima Diomede, poi Mercante, gente di rango elevato.
Infine, Felice Campanale, 66 anni padre del più famoso Leonardo, considerato in passato referente degli Strisciuglio a San Girolamo. Felice Campanale, ferito in maniera non grave nella serata di sabato 25 agosto, non è un boss ma certo un nome di rispetto, uno che a San Girolamo conta parecchio. Nel generale regolamento di conti non sono finiti solo presunti «padrini» (nessuno dei nomi citati è mai stato condannato per mafia) ma anche galoppini e reggiborse come si presume sia stato Massimiliano Villoni, ucciso nel suo letto a luglio pare dopo essersi avvicinato al gruppo Mercante.
l.nat.