ROMA - Commenti diametralmente opposti da governo e sindacati sui dati forniti oggi dall'Istat sulle forze lavoro che indicano nel secondo semestre dell'anno un calo del tasso di disoccupazione di 0,4 punti e una crescita degli occupati su base annua dell'1%. I dati di oggi «sono motivo di grande soddisfazione e smentiscono le tante cassandre della sinistra», afferma il ministro del Welfare Roberto Maroni, sottolineando che «la legge Biagi sta creando nuova e buona occupazione». «L'altro elemento confermato dall'Istat - spiega il ministro - è la ripresa in corso. Il dato rilevato mette l'Italia, per quel che riguarda la lotta al sommerso e il sostegno all'occupazione, al primo posto in Europa, in controtendenza rispetto a tutti gli altri paesi che registrano una flessione dell'occupazione». La situazione italiana, secondo Maroni, «è molto positiva grazie a tante: la legge Biagi in primo luogo, e poi la funzione straordinariamente vitale della piccola e media impresa che crea occupazione, mentre la grande impresa perde occupazione». Sulla stessa lunghezza d'onda il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, per il quale l'incremento degli occupati nella misura dell'1% rappresenta «un'ottima reattività del mercato del lavoro ai pur modesti impulsi dell'economia».
Di parere diverso la Cgil che, con il segretario confederale Fulvio Fammoni, torna a parlare di «fallimento» della politica industriale, economica e in materia di lavoro del Governo. «Nascondere la testa sotto la sabbia non sarà di nessuna utilità», dice il dirigente sindacale di Corso d'Italia, secondo il quale la stessa lieve crescita dell' occupazione «sembra più dovuta al forte aumento della popolazione immigrata regolarizzata, che non ad altro». Ma Fammoni rileva anche come una parte consistente dei cosiddetti scoraggiati siano donne, specie nel Sud.
A rilevare come quelli diffusi oggi dall'Istat siano dati in controtendenza con l'andamento della produzione industriale e dell'occupazione per settore è il segretario confederale della Cisl, Giorgio Santini. «Non vorrei - dice - che ci fosse un effetto gonfiato, cioè che si registrano le stesse persone con un contratto diverso». E anche per il numero due della Uil, Adriano Musi, i dati «non rispecchiano la realtà del Paese. C'è sempre il problema di comprendere come si rilevano, poichè non combaciano con gli altri dati economici diffusi sempre dall'Istat sull'economia e sul reddito complessivo».
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