PARIGI - La liberalizzazione degli scambi e degli investimenti sono un potente motore di crescita, con effetti positivi sulla qualità della vita e dell'occupazione.
Lo ha dichiarato il direttore del lavoro all'Ocse, John Martin, sottolineando come la globalizzazione non sia la principale causa della disoccupazione nei paesi industrializzati. «Le perdite di posti di lavoro nella zona Ocse legate alla concorrenza e alle importazioni direttamente imputabili alla globalizzazione sono molto limitate» ha aggiunto nel corso di una conferenza stampa a Parigi per presentare l'ultimo outlook sull'occupazione.
«Al momento il tasso di creazione di posti di lavoro è ancora superiore a quello di distruzione» ha proseguito Martin riconoscendo però che l'arrivo della concorrenza di paesi come l'India e la Cina hanno fortemente alimentato i timori e il senso di insicurezza nei paesi industrializzati.
Con la globalizzazione alcuni settori hanno accelerato il loro declino ma altri hanno trovato nuove opportunità ha sottolineato Martin.
Il dirigente dell'Ocse ha rilevato però che chi perde il lavoro a causa di delocalizzazioni o chiusura delle attività dovute alla concorrenza di paesi emergenti, stenta più degli altri a ritrovare un'occupazione. Se negli Stati Uniti solo il 63% dei lavoratori di settori manifatturieri vittime della concorrenza internazionale trova lavoro dopo due anni in Europa si scende al 52% nelle industrie manifatturiere sottoposte a una forte pressione internazionale. Le vittime delle soppressione di posti di lavoro legate agli scambi commerciali devono poi in media pagare un «costo di aggiustamento» superiore agli altri disoccupati, con un 'tagliò salariale medio del 13% negli Usa (che può arrivare fino al 30%) e del 4% in Europa.
Le economie dei paesi industrializzati devono però fare il possibile per poter disporre di mercati del lavoro dinamici in grado di poter far fronte alla concorrenza dei paesi emergenti e creare nuovi posti di lavoro in altri settori. Tra le misure che l'Ocse raccomanda ai governi per rispondere alla sfida della mondializzazione vi è quella di rendere il lavoro finanziariamente più interessante delle prestazioni sociali e fornire una garanzia di reddito adeguato a chi perde il lavoro e un aiuto ai disoccupati per ritrovare un lavoro rapidamente.
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