MARGHERITA DI SAVOIA (FOGGIA) - «Domani mi troverai morto». Questo il tenore delle parole dette al fratello, al quale aveva raccontato in quale guaio si fosse cacciato, dal 32enne impiccatosi per la vergogna di essere coinvolto nell'inchiesta sulla pedofilia. Il congiunto lo ha tranquillizzato e gli ha dato appuntamento all'indomani, per parlarne di persona. Quando è andato a trovarlo nell'appartamento in cui il presunto pedofilo viveva da single, lo ha trovato impiccato.
Non si parla di altro a Margherita di Savoia - la cittadina delle saline ad una quarantina di chilometri da Foggia - che del suicidio di quel giovane il quale insieme con altri amici gestiva una palestra con annessa scuola per balli latino-americani. Il motivo della morte, prima che si diffondesse la notizia del coinvolgimento del 32enne nell'inchiesta siracusana, era stato messo in relazione ad una diagnosi medica infausta che gli era stata comunicata. Poi, sapute le vere cause, lo sgomento per il suicidio di quel ragazzo che tanti conoscevano è aumentato.
L'istruttore, figlio di genitori separati, era fidanzato. Una delle sei lettere che ha lasciato era proprio indirizzata alla ragazza che amava, con la quale aveva litigato poco dopo che i carabinieri gli avevano notificato l'informazione di garanzia e sequestrato il computer. A lei l'uomo non aveva voluto, o potuto, nascondere i motivi per i quali i militari erano stati da lui e si erano portati via l'apparecchiatura informatica. Le aveva raccontato la vicenda in cui era incappato e, come prevedibile, nell'apprendere le colpe che gli venivano addebitate, la donna aveva reagito lasciandolo solo nel suo appartamento.
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