ROMA - Nè le istituzioni nè le imprese danno risposte, in termini di beni e servizi, ai nuovi modelli di famiglia italiana. Le risposte a queste nuove espressioni di bisogni non possono venire solo dagli incrementi di reddito e dalla spinta a maggiori consumi. Il richiamo, rivolto ad istituzioni, policy maker ed imprese, è del presidente dell'Istat, Luigi Biggeri, presentando le trasformazioni che hanno interessato la famiglia evidenziate nel rapporto annuale.
«Il modello tradizionale di coppia coniugata con figli - ha detto - perde terreno. L'Italia si avvicina così sempre più al modello europeo di convivenza, dove la componente giovanile ha un peso fondamentale». A fronte di queste modificazioni, non c'è stata una parallela comprensione del fenomeno: «la risposta a questi nuovi tipi di famiglia non c'è stata, nel senso che sia le istituzioni sia le imprese non hanno seguito l'evoluzione. Non si sono cioè occupati di capire bene quali erano i bisogni di beni e di sevizi».
«I nuovi attori sociali e le nuove forme familiari - ha aggiunto - esprimono infatti in gran parte domande e bisogni inediti, che richiedono risposte anch'esse inedite e innovative. L'affidamento alle reti familiari e la spinta a maggiori consumi e incrementi di reddito non possono costituire le uniche risposte. Meno che mai - ha sottolineato Biggeri - a sollevare individui e famiglie dall'incertezza e dalla sfiducia». A suo avviso, «occorre offrire un quadro di orizzonti individuali sufficientemente certi, abbassare i costi del cambiamento e il rapporto costi/benefici del rischio di innovazione, fornire prospettive di crescita valide e credibili per tutti, per le ragazze ed i ragazzi, per le giovani coppie, per le donne e le madri lavoratrici, per i lavoratori extracomunitari, per gli imprenditori, per le nuove tipologie di famiglie». Biggeri ha, fra l'altro, confermato che anche nel 2004 «il modello italiano di welfare continua a basarsi sulla disponibilità della famiglia nei confronti dei segmenti più deboli di popolazione».
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