ROMA - «E' lei, è lei». Ai colleghi del Manifesto è bastato fissare, attraverso le immagini della diretta, lo sguardo dell' inviata del Manifesto per riconoscere la loro Giuliana, la donna forte e coraggiosa con la quale torneranno presto a condividere scrivania e momenti.
Tutta la redazione del quotidiano avrebbe voluto essere a Ciampino per riabbracciare la giornalista. Alla fine è andata solo una delegazione ristretta guidata dal direttore Gabriele Polo e da Valentino Parlato, ma l'emozione è stata la stessa. Il direttore ha tenuto un filo diretto con i giornalisti, comunicando per telefono parole ed emozioni.
«Giuliana è raggiante - ha raccontato il direttore - certo sedata e un po' stravolta ma c'è, è lei. Continua a ripeterci 'Grazie, grazie, grazie'». Ma non è il grazie che interessa ai colleghi del Manifesto. Era capire se un mese di sequestro e il tragico epilogo della liberazione avesse provato Giuliana fino a cambiarla. Eppure nonostante Giuliana sia viva, nonostante l'incubo sia finito, non si riesce a gioire veramente nella sede del quotidiano comunista: la morte del dirigente del Sismi Nicola Calipari, di un superpoliziotto guardato magari anche con sospetto prima del sequestro e diventato poi «un amico» strozza il sospiro di sollievo. «L'abbiamo vista finalmente - sintetizza lo stato d'animo il direttore editoriale Francesco Paternò - ma non si riesce a gioire. La cosa che colpisce è proprio questa: che non si riesce a gioire».
E' infatti una atmosfera sospesa tra stupore e gioia spezzata che si respira tra i colleghi dell'inviata, che oggi hanno chiesto in modo gentile ma fermo a telecamere e giornalisti di restare fuori dalla stanza delle riunioni, per un mese rimasta aperta a tutti con l' obiettivo di far parlare il più possibile di Giuliana. Ma oggi è diverso: l'emozione per il ritorno la vogliono vivere tra loro in attesa di viverla con Giuliana.
Un sentimento però è netto: la rabbia per gli americani. «Hanno sparato - dice il caporedattore Loris Campetti - più di 300 colpi contro l'auto e questo dice che quello è un paese occupato dagli americani, in cui si spara a qualsiasi cosa si muova. Almeno siamo grati agli americani che non hanno abbattuto l'aereo e Giuliana è finalmente tornata». Campetti parla con il volto: stringe i denti per trattenere la commozione quando in televisione vede l'inviata del Manifesto scendere a piedi dalla scaletta dell'aereo, alza il sopracciglio quando il Tg1 definisce «fatalità» la sparatoria americana. Ma alla fine sbotta: «E' stato ucciso un nostro amico, uno che in questo mese ci ha aiutato e ha salvato Giuliana». E questo amico, che non potranno però abbracciare come faranno con Giuliana, la redazione del Manifesto andrà ad accogliere stasera con una corona di fiori e per lui ha deciso di annullare la manifestazione di domani per festeggiare Giuliana all'Auditorium. Non è ancora tempo di gioire.
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