MILANO - Volti impietriti, occhi lucidi ma nessun commento. Sono usciti così, in silenzio, i genitori e la sorella di Alenja Bortolotto, la studentessa uccisa nel luglio 2002 dal fidanzato Ruggero Jucker, dall'aula della prima corte d'assise d'appello di Milano dopo la lettura della sentenza con la quale i giudici, accogliendo il patteggiamento in appello, hanno condannato l'imprenditore a 16 anni di reclusione.
I familiari di Alenja, nonostante le insistenze dei giornalisti e sotto l'occhio delle telecamere lungo i corridoi di palazzo di Giustizia, non hanno detto una sola parola.
«E' evidente - ha spiegato il loro legale, avv. Vinicio Nardo - che la famiglia confidava in una pena adeguata, anche se non ha fatto commenti in aula e ha mantenuto un atteggiamento composto. Quali possono essere i sentimenti dei genitori e della sorella di Alenja - ha aggiunto rivolgendosi ai giornalisti - li potete immaginare».
Il legale ha inoltre spiegato che, riguardo al risarcimento del danno, è stata confermata la cifra precedentemente versata (un milione e 280 mila euro).
«Contro la sentenza di condanna di 16 anni - ha proseguito l'avv. Nardo - non possiamo ricorrere. E non sappiamo se faremo ricorso per ottenere il risarcimento che avevamo chiesto. Onestamente, la questione importante era quella della pena. La parte economica invece non è importante perché non ci ridà Alenja».
Lascia il tuo commento
Condividi le tue opinioni su