TORINO - Il periodo compreso tra fine ottobre e inizi di novembre, soprattutto in alcune regioni del Nord Italia, ha portato gli strumenti meteorologici a registrare temperature che non si verificavano da moltissimo tempo, certamente da almeno un secolo a questa parte. Certo non da "maniche corte" o da gita al mare, ma comunque con temperature piuttosto alte rispetto a quelle a cui si è abituati per esempio in Piemonte, nello stesso periodo. E se tutto questo per noi può sembrare un'anomalia, la stessa cosa non appare a chi il clima e la meteorologia li studia da vicino e ne conosce ogni piccolo aspetto dei cambiamenti e della sua storia.
Abbiamo quindi chiesto al climatologo e meteorologo Luca Mercalli, 38 anni, direttore della rivista Nimbus (consultabile on-line al sito www.nimbus.it), di fornirci qualche spiegazione in più. «La fine di ottobre, ma soprattutto l'inizio di novembre a temperature così alte - spiega Luca Mercalli - rappresentano in effetti un caso molto raro, che difficilmente si verifica. Però è prematuro parlare, in generale, di novembre caldo o anomalo, perché questo mese è ancora all'inizio e le valutazioni vanno fatte solo a mese concluso. Noi realizziamo delle statistiche che si basano sul'andamento climatico medio del mese intero, e pertanto non è ancora possibile parlare di periodo anomalo. La climatologia insegna che i risultati si traggono al termine di un determinato periodo».
Quando invece si può parlare di anomalia?
«Per esempio nel caso dell'estate 2003 - dice Mercalli - poiché un estate così calda per un periodo così prolungato, di più di tre mesi, non si verificava, da più di un secolo. Evento raro, talmente raro che già quest'anno abbiamo notato un'estate assai diversa. E comunque ogni anno presenta in qualche modo, e in periodi diversi, delle diversità climatiche che a volte possono essere vere e proprie anomalie».
Luca Mercalli è uno dei maggiori esperti di archiviazione meteorologica e climatologica, in particolare rivolta a Torino e Piemonte. Da diversi anni, lavora ad un corposo volume che verrà completato e presentato alla fine del 2005, che raccoglie dati, statistiche e risultati di più di due secoli di ricerche sul clima a Torino. Il volume viene realizzato grazie al supporto della Società Meteorologica Subalpina assieme alla Provincia di Torino.
«L'indagine giunta oggi a compimento, è durata quasi vent'anni - spiega Mercalli. Si era nel 1984 quando iniziammo la sistematica ricerca dei documenti d'archivio e, quasi alla cieca, seguivamo i tenui fili di un'attività un tempo brillante oggi per molti versi trascurata. Ne è nato un archivio di oltre 90.000 giorni di osservazione con circa 360.000 valori numerici: grazie all'informatica si possono ora raccogliere i frutti del silenzioso lavoro portato avanti dal 1753 ad oggi».
«In questi ultimi vent'anni di clima in Piemonte, non vi sono stati, per questo periodo autunnale, annate particolarmente sconvolgenti - aggiunge il meteorologo torinese -. Casomai i grossi eventi, purtroppo negativi, riguardano più la meteorologia che il clima, come hanno dimostrato le alluvioni del 1994 e 2000. C'è però stato un periodo post-autunnale particolarmente freddo, in tempi recenti, che portò ad una bufera di neve il 13 dicembre del 2001. Ma dal punto di vista generale, quello di tre anni fa, non fu un autunno particolarmente più freddo di altri negli ultimi vent'anni. E poi dicembre, nella meteorologia, è già inverno».
Quindi nel vostro settore l'autunno non copre il periodo dal 21 settembre al 20 dicembre?
«Infatti per noi l'autunno abbraccia i mesi di settembre, ottobre e novembre, e già dal 1° dicembre è inverno. Quello a cui lei fa riferimento è invece l'autunno astronomico. Nell'ultimo ventennio, solo le nevicate del 1985-86-87, che giunsero al massimo a formare un manto di 50 centimetri in città, possono essere paragonate a quelle che erano comuni un inverno su cinque tra il 1784 e il 1902. Perdurano invece gli episodi di nevicate fuori stagione, come quella del 27 ottobre 1979 o quelle del 25 aprile 1972 e del 18 aprile 1991».
E il clima delle nostre città in futuro?
«Prendendo ad esempio Torino - spiega Mercalli - ogni cittadino di questa città scarica ogni anno nell'atmosfera circa 5 tonnellate di anidride carbonica, parte di quei 22 miliardi di tonnellate emessi ogni anno nel mondo. Se l'effetto serra farà progressi come previsto dai modelli climatici, spenderemo probabilmente meno per riscaldarci d'inverno, ma di più per rinfrescarci d'estate. Se 18.000 anni fa Torino era come Sestriere, fra soli 100 anni potrebbe diventare calda come oggi è Roma, la stagione nevosa diventare discontinua sulle stesse Alpi, il bacino Mediterraneo potrebbe generare cicloni tropicali... La risposta è nei numeri: misurare, misurare, bisogna continuare a misurare».
Antonio Lo Campo
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