ROMA - «Le armi venivano lasciati in posti sicuri, a quello che so, posti all'aperto e mai in casa. Tuttavia non so dirvi dove siano l'arma usata per i delitti Biagi e D'Antona, nè le altre di cui disponeva l'organizzazione». Lo ha detto la brigatista Cinzia Banelli, la quale, pur sottolineando di non sapere in quale luogo e in quale regione siano le armi, ha comunque voluto chiarire che la metodologia dell'organizzazione è sempre la stessa: nascondere le armi fuori da un eventuale covo.
La Banelli si è detta meravigliata del fatto che sul luogo dell'omicidio di Massimo D'Antona, non siano stati trovati i bossoli della calibro 9, che gli investigatori ritengono sia stata usata a differenza di quanto invece è avvenuto sul luogo dell'attentato a Maro Biagi. La Banelli si è spiegata questa circostanza ipotizzando che all'ultimo momento la sede centrale, Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce, avessero fatto qualche cambiamento rispetto ai piani. Gli investigatori in proposito all'assenza di bossoli, in via Salaria a Roma, ipotizzarono che i brigatisti avessero usato una busta di plastica per evitare che i bossoli cadessero a terra.
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