CERNOBBIO (Como) - Seduti uno di fianco all'altro, su due bianche sedie in riva al lago di Como, Romano Prodi e Giulio Tremonti sembravano stamani due vecchi amici che si trovano e dopo tanto tempo si scambiano confidenze. Sorrisi, battute accompagnate da ampi gesti delle mani, parole a bassa voce. Ma il presidente ormai uscente della Commissione Europea e l'ex ministro dell'Economia del governo Berlusconi hanno parlato non nella privacy che avrebbe circondato due vecchi amici, ma a poca distanza da orecchi e occhi indiscreti di tanti giornalisti e a tiro di telecamere e macchine fotografiche.
Un vis-a-vis amichevole, durato oltre venti minuti, tra due politici che in passato non si erano risparmiati reciproche ruvidità.
E, alla fine, un Tremonti in vena di battute, si è sottratto ai giornalisti che gli chiedevano del contenuto del colloquio, strabuzzando gli occhi e affermando «ho un'amnesia». Quindi ridendo ha aggiunto: «non ricordo nulla e adesso sono vittima di un'aggressione mediatica».
Prodi, che nell'intervallo dei lavori aveva raggiunto il giardino e salutato calorosamente Tremonti con un «ti trovo bene, ti trovo rifiorito» tanto da fare esclamare a un divertito Fausto Bertinotti «Beh, adesso non esagerate...», subito dopo il colloquio è rientrato nella sala del convegno senza parlare.
Dopo due ore, però, ha spiegato che nulla vi era di strano nel faccia a faccia svoltosi in pubblico. «Come potete ben capire - ha detto ai giornalisti - se avessimo dovuto parlare di qualcosa di specifico l'incontro lo avremmo fatto in segreto...».
«Il mio colloquio con Tremonti - ha aggiunto - è stato un semplice ripasso dopo tanto tempo che non ci vedevamo. Abbiamo conversato di temi politici, economici e anche di questioni personali».
E quando un cronista ha stuzzicato Prodi dicendogli che il colloquio gli era sembrato tenero, lui ha replicato «riservo il termine tenerezza per altri rapporti. E poi il concetto di tenerezza lo vedo difficilmente attribuibile a Tremonti, in qualunque momento».
Le ruvidità del passato riguardavano soprattutto l'euro e l'effetto che il ministro si era trovato a dover fronteggiare: dopo una serie di battibecchi il ministro era ricorso anche ad un comunicato ufficiale, esattamente lo scorso 4 gennaio. Il «candidato Prodi - scriveva Tremonti - torna sul disastro dell'euro» ma «la prima gallina che canta è quella che ha fatto l'uovo». Il ministro ribatteva così a quanto affermato dall'allora presidente della Commissione europea in una intervista nella quale sosteneva che «pensare che i disastri dell'euro potessero essere risolti d'ufficio è contro ogni buon senso» e chiedeva «che fine ha fatto la proposta italiana di stampare la banconota da un euro come per il dollaro», riferendosi alla nota proposta Tremonti. Ma anche il Patto di Stabilità e la sua interpretazione aveva fatto discutere i due: «Mi sembra strano - diceva Tremonti - leggere che la Commissione fa ricorso alla Corte di giustizia per una interpretazione più flessibile e intelligente del Patto di Stabilità e crescita (fornita dall'Ecofin - n.d.r.), quando uno (il riferimento è a Romano Prodi - n.d.r.) parlava l'anno scorso di Patto "stupido" perché poco flessibile». E mentre Prodi annunciava che quella di fare ricorso era una decisione «dolorosa» il ministro ribatteva che era «stupido fare ricorso». Insomma uno scontro continuo che portò Tremonti a sostenere che «Prodi dice bugie» (parlando dello smantellamento del comitato Euro) e a nuovi scontri all'epoca dell'early warning all'Italia.
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