BARI - Macché opera irrapresentabile, è un rilievo che non ha senso, anzi è solo un tentativo per farsi pubblicità: così il giovane regista barese Gianpiero Borgia, che ha allestito "Ritratto di Signora" di Carmelo Bene, replica alla Fondazione intitolata all'attore scomparso, che polemizza con il Festival di Spoleto per aver deciso di ospitare lo spettacolo.
Borgia replica movendo rilievi che investono vari livelli, da quello personale a quello giuridico a quello culturale, e ricordando in conclusione che Bene è ormai un autore classico, e che, come tale, va «liberamente interpretato», come si fa con Shakespeare o con Dante.
Innanzitutto - dice Borgia - «non si capisce questa polemica sul piano giuridico, giacché io sono autorizzato dagli eredi» a rappresentare questo spettacolo. «Ho l'impressione - aggiunge - che in cerca di pubblicità personale, data la recentissima pubblicazione del Cd che gli stessi Giancarlo Dotto e Piergiorgio Giacché hanno curato sulla "Lectura Dantis" (fatta da Carmelo Bene a Bologna nel luglio del 1981, n.d.r.), loro cerchino di strumentalizzare il Festival di Spoleto per avere maggiore pubblicità. Lo dico anche perché queste dichiarazioni sono uscite a margine della conferenza stampa stamane a Roma di presentazione di questo Cd».
«Peraltro - rincara Borgia - Giancarlo Dotto è stato da noi retribuito con 1.500 euro per otto ore di lavoro, di docenza, su questo progetto che noi della Protei (Progetti teatrali internazionali) stiamo facendo su Carmelo Bene: in questa occasione avrebbe potuto dirci che non condivideva il lavoro che stiamo facendo. Il nostro progetto mira a celebrare la memoria di Carmelo Bene e quindi voglio capire quale operazione migliore potevamo fare che non mettere in scena per primi questa sua opera».
E le dichiarazioni a sostegno dell'irrapresentabilità dello spettacolo, fatte dall'ex compagna di Bene, la signora Lydia Mancinelli, alla quale il regista scomparso aveva dedicato il personaggio femminile? «Posso fare riferimento a tre righe che Carmelo Bene pubblica nella sua autobiografia - afferma Borgia - nelle quali dice testualmente che reputa il testo "Ritratto di signora" "irrapresentabile" per la disdicevole ragione che "bisognerebbe fare fisicamente a pezzi un'attrice". Mi sembra una dichiarazione sufficientemente ironica da poter essere utilizzata da me a mio favore piuttosto che da loro per criticarmi».
«Peraltro - aggiunge - va ricordato che lo stesso Carmelo Bene si autodichiarò "un classico", che va liberamente interpretato, come Shakespeare. Nel corso del "Carmelo Bene contro tutti" lui disse: "Non mi potete fare domande, vi potete interrogare a mio proposito perché ormai sono un classico, come Shakespeare o Dante". E noi così lo trattiamo. Non vedo perché dovremmo chiedere a Giacchè o a Dotto il permesso morale o giuridico per agire in questa direzione».
«Dopodiché - conclude Borgia - dovrei essere lodato per il fatto che a 32 anni, anziché sguazzare nel letamaio giuridico che questi signori hanno creato dopo la morte di Carmelo Bene, mi occupo di trattarlo come artista e non come carogna da sbranare».
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