SEUL - Kim Sun Il, 33 anni, il sudcoreano ostaggio di estremisti islamici che ne minacciano la decapitazione entro questa sera se Seul non rinuncerà ad inviare altri uomini in Iraq, è un cultore della lingua araba, è cristiano e, secondo l'agenzia sudcoreana Yonhap, alternava il suo lavoro di interprete in Iraq con un'opera di evangelizzazione.
Ha lavorato come interprete in Iraq già nel 2003 e come interprete lavorava, fino a giovedì scorso, giorno del suo rapimento, presso la Gana General Trading, una società sudcoreana con 12 impiegati che fornisce viveri e altri prodotti di prima necessità alle forze americane. Nato nel settembre 1970 a Pusan, città portuale merdionale della Corea del Sud, si è laureato in lingua araba presso la migliore scuola di lingue del suo paese, la Hankuk University of Foreign Studies nel febbraio 2003. Ha studiato anche inglese. In precedenza, aveva studiato teologia nella sua città.
Kim era andato la prima volta in Iraq nel giugno 2003, secondo il ministero degli esteri di Seul, per lavorare come interprete. Secondo alcune fonti, era in Iraq da pochissimi giorni. Contava comunque di tornare a casa il mese prossimo per il settantesimo compleanno del padre. «Dovranno far presto a risolvere la questione», ha detto il padre del rapito, Kim Jong-kyu alla tv sudcoreana MBC. «Per prima cosa, salvare la vita di mio figlio».
Solo pochi giorni fa Kim, settimo di otto figli, aveva telefonato alla madre rassicurandola di star bene e di non correre rischi.
Ma una situazione ben diversa è quella apparsa agli occhi di tutti ieri, mandata in onda dalla tv satellitare araba Al Jazira e poi da tutte le tv sudcoreane e internazionali. Kim Sun Il prostrato, ai piedi dei suoi sequestratori - della Jamaat al-Tawhid wal Jihad, gruppo che fa capo ad Abu Masab al-Zarqawi, considearto uomo di Bin laden iin Iraq - che piange e supplica: «soldati sudcoreani, andate via. Non voglio morire. la mia vita è importante».
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