ROMA - Delle torture perpetrate ai danni di prigionieri iracheni nel carcere di Abu Ghraib si sapeva ufficialmente già dai primi di novembre, quando un piccolo gruppo di inquisitori americani che operava in quel carcere cominciò a riferire di abusi, smentendo così la linea difensiva dei vertici militari che hanno sinora dichiarato di essere rimasti all'oscuro di tutto fino a gennaio. E' quanto scrive oggi il 'New York Times', che riporta dichiarazioni di alcuni quadri dell'intelligence militare americana, raccolte in Germania e negli Stati Uniti.
I rapporti stilati a novembre, che riferivano di almeno 20 casi di maltrattamenti, furono redatti da membri del Detainee Assessment Branch, una unità di inquisitori militari che aveva l'incarico di vagliare gli elementi a carico dei prigionieri, per deciderne la detenzione o il rilascio. I rapporti, una serie di memorandum di alcune pagine (dalle due alle cinque) - dicono le fonti citate -, venivano inviati per l'approvazione ad un comitato di tre membri che includeva il generale Janis Karpinski - comandante dell'800/esimo battaglione di polizia militare e comandante di Abu Ghraib, travolta dallo scandalo delle torture e rimossa dall'incarico - e il gen. Barbara Fast, direttore dell'intelligence militare in Iraq.
«Noi denunciavamo questo (gli abusi) molto prima che tutto questo pasticcio venisse fuori», dichiara, citata dall'edizione online del quotidiano, una delle fonti che hanno chiesto l'anonimato nel timore di mettere a repentaglio le proprie carriere. Secondo le fonti, nei rapporti stilati dagli inquisitori venivano riportati almeno 20 casi di abusi. In alcuni casi i detenuti hanno denunciato di aver subito maltrattamenti prima di venire trasferiti ad Abu Ghraib, ma almeno sette casi riportate dai documenti sono stati commessi all'interno del famigerato carcere.
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