GIUGLIANO (NA) - «Non avevamo preoccupazioni, lui ci rassicurava. Stava bene». A fare da "portavoce" della famiglia di Antonio Amato, il cuoco di Giugliano assassinato in Arabia Saudita, è il fratello di Antonio, che, in attesa dell'arrivo del prefetto, è uscito dalla villetta solo pochi minuti per parlare con i giornalisti. La famiglia è chiusa in casa, in una villetta un po' fuori mano in una stradina di Varcaturo. A 500 metri un elicottero sorvola la zona, dove stamattina c'è stata la manifestazione per l'emergenza rifiuti. I carabinieri si sono già dati il cambio, mentre continua la lenta processione di parenti e amici che entrano per fare le condoglianze.
La notizia della morte di Antonio, spiega l'uomo, «l'abbiamo appresa dai Carabinieri di Lago Patria. Mia sorella è andata lì visto che aveva saputo che c'era stato l'attentato, e quindi abbiamo chiesto se c'erano notizie di mio fratello». Antonio, ricorda il fratello, «era partito un paio di mesi fa. Diceva che era tutto tranquillo, che non c'erano problemi». «Stava bene -ribadisce-, l'altra sera aveva mangiato a tavola con Confalonieri. L'ho sentito l'ultima volta tre giorni fa, tramite e-mail. Non ci sentivamo mai per telefono», dice. E aggiunge: «Noi della famiglia non avevamo preoccupazioni perchè lui ci rassicurava dicendo che non c'erano problemi».
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