ROMA - Associazione per delinquere, commercio ed assunzione illegale di sostanze dopanti, esercizio abusivo della professione, contrabbando di specialità medicinali, distribuzione illegale di sangue umano. Sono i reati ipotizzati dalla procura di Roma nei confronti dei 138 indagati, a seconda delle posizioni, coinvolti nell' inchiesta sul doping nel mondo dello sport.
La prima accusa fa riferimento all'«illecito acquisto, anche clandestinamente da paesi esteri, traffico, commercio, cessione, somministrazione e assunzione di sostanze medicinali e sostanze idonee a modificare le condizioni psicofisiche dell'organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche».
La seconda ipotesi si riferisce al commercio, assunzione, procacciamento, somministrazione e favorimento dell'assunzione di «varie specialità medicinali e sostanze farmacologicamente o biologicamente attive, idonee a modificare le condizioni psicofisiche dell'organismo umano al fine di alterare le prestazioni agonistiche di atleti, attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico e dalle altre strutture che detengono farmaci direttamente destinati all'utilizzazione sul paziente». L'ipotesi di reato di esercizio abusivo della professione viene preso in esame dal pm Paolo Ferraro nei confronti di alcune persone sospettate di «aver esercitato abusivamente la professione di medico e di farmacista».
La ricettazione viene contestata dalla procura ad un gruppo di indagati accusati di aver «acquistato ed, in ogni modo, ricevuto sostanze medicinali provento di delitto in danno di strutture sanitarie pubbliche». Il reato di contrabbando di specialità medicinali è invece legato all'importazione, in Italia, di «specialità medicinali non autorizzate al commercio». La distribuzione illegale di sangue, infine, fa riferimento al prelievo, conservazione e distribuzione di sangue umano «in violazione delle norme di legge e per fini di lucro» ed, in particolare, alla pratica ad atleti di emotrasfusioni al di fuori delle strutture sanitarie autorizzate.
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