Collegamenti tra i corridori di alcune società, di tecnici preparatori e medici nell'uso indiscriminato di farmaci ad azione dopante per il miglioramento delle prestazioni agonistiche, prestazioni sospettate di aver provocato la morte di alcuni ciclisti amatoriali. E' quanto è emerso nell'inchiesta della Procura di Roma sul doping nel mondo dello sport.
Lo sviluppo delle indagini, alle quali prendono parte anche i Nas di Viterbo e di Latina, hanno avuto un'impennata grazie anche ad intercettazioni telefoniche, pedinamenti e riprese video e fotografiche che portavano all'individuazione di un sodalizio che gestiva da anni una rilevante fetta dell'illecito mercato nella zona dell'Italia centrale, in particolare Lazio, Abruzzo e Toscana. Sodalizio che andava a coprire tutte le attività connesse al doping, dal procacciamento al commercio, dalla prescrizione alla somministrazione, con la possibilità di condizionare, se non eludere completamente, i controlli antidoping conoscendo in anticipo le date e i nominativi degli atleti da sottoporvi.
Nell'ambito dell'inchiesta sono inoltre emersi canali di approvvigionamento delle sostanze in alcune strutture sanitarie pubbliche dove, grazie ad infermieri compiacenti, venivano sottratte specialità medicinali e materiali per emo-trasfusione, nonchè tre farmacie nel Lazio e in Toscana che fungevano da luogo di rifornimento degli atleti. Nel quadro degli accertamenti è stata sequestrata una partita di ormone della crescita (Gh) di provenienza lituana, intercettata lo scorso marzo nei pressi del confine italo-sloveno, di sospetta provenienza umana. L'inquietante ipotesi degli investigatori è che la partita sia stata ottenuta non con tecniche di ingegneria genetica, ma estratta da ipofisi di cadaveri.
Le perquisizioni sono state eseguite in 28 città delle regioni: Toscana, Lazio, Abruzzo, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche, Lombardia, Puglia, Basilicata e Sicilia. Negli accertamenti è coinvolto anche un funzionario della Federciclismo.
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