Canosa vista, disegnata e raccontata dall'abate di Saint-Non è quella che arriva in realtà dagli appunti e dai disegni della sua èquipe, diretta dal barone Dominique-Vivant Denon. Il capitolo - che inizia con la visita al campo di battaglia di Canne e che porta i viaggiatori francesi fino a Canosa - si trova nel Tomo Terzo del «Voyage pittoresque ou description des Royames de Naples et de Sicile». Quel viaggio che doveva essere di ricerca e di scoperta dell'antichità ma che proprio a Canne della battaglia e, ancor di più, a Canosa, regala ai viandanti il brivido del rischio: quello di imbattersi in bande di briganti che, tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, imperversano in quella zona di stivale, soprattutto nell'entroterra. Ma paura e rischio ben presto ripagano il Saint-Non - anzi, anzi sarebbe meglio dire il barone Denon, Louis-Jean Desprez, abile architetto e disegnatore, e la sua èquipe, i veri autori del viaggio quando, superata Canne, si arrischiano nell'entroterra pur di raggiungere l'antica e famosa Canusium. Un rischio enorme ma, evidentemente, ben ponderato per poter vedere, descrivere e disegnare i monumenti di una città storicamente importante alla quale il Saint-Non dedica e riserva, nel suo volume, oltre alla descrizione di alcuni monumenti anche quattro stampe, ben più di quante ne proporrà per Bari o Brindisi.Disegni che raffigurano il mausoleo di Boemondo, con l'antica cupola piramidale, l'arco di Terenzio Varrone, le rovine del castello. Disegni con le vedute della città, quindi, e quelle delle rovine della vicina Canne della Battaglia, luoghi in cui vennero anche realizzati altri schizzi che il Saint-Non non ritenne mai di trasformare in stampe. Tra questi i più intriganti e suggestivi - recentemente recuperati all'Accademia di Belle arti di Stoccolma - riguardano la descrizione e le relative bozze di una fontana monumentale, descritta nelle vicinanze della Cattedrale di San Sabino. Un monumento che ancora oggi è avvolto nel mistero e che nessuno ha mai più avuto il piacere di ammirare, come invece avevano fatto quegli intrepidi «viaggiatori» settecenteschi.
Paolo Pinnelli
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