(31/03/02) Mancano solo le immagini ma il susseguirsi delle notizie di agenzia e, poi, i servizi radiotelevisivi stanno dando, come in un film, il reportage dell'assalto al Quartier generale di Arafat con tutti i condimenti dell'informazione e della disinformazione propri di un'azione di guerra.
Sarebbe presuntuoso fare ipotesi di scenari futuri, trovare responsabilità e scoprire chi ha gettato la prima pietra. Noi ci sentiamo di dire: «chi è senza peccato scagli la prima». E, in questo, c'è anche tutta la condanna per coloro che sono alla finestra.
Però una cosa è certa: dopo le azioni di oggi e di questi giorni, bisognerà rivedere le norme del diritto internazionale.
La Palestina, il Libano e, in generale, i paesi confinanti con Israele sono Stati sotto la giurisdizione israeliana? Quale tribunale internazionale ha stabilito che il premio Nobel per la Pace Yasser Arafat è un terrorista? E se gli Stati Uniti occupano Cuba o il Messico e qualcuno si difende, diventa un terrorista?
La negazione dei diritti umani non è una «vocazione» delle destre, delle sinistre o delle dittature: è la negazione dei diritti umani e nulla più. E lo diventa quando al primo posto non c'è più l'uomo ma l'interesse. E l'interesse è sia il campo per farvi pascolare le pecore, sia il campo pieno di pozzi di petrolio o di acqua, sia il campo pieno di città con possibili acquirenti.
Anche una nazione evoluta, ricca e con una grande tradizione democratica può venir meno ai principi fondamentali di rispetto della dignità umana e, in questo, non c'è gradazione nel dispregio dell'azione e il giudizio della Storia sarà severo.
Ignazio Lippolis
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