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Redazione Cronaca Bari
12 Gennaio 2021
Saracinesca chiusa da domani allo «Smeraldo» del borgo. Lo storico bar a tutti noto come «quello all’angolo della villa» chiude i battenti dopo 44 anni di onorato servizio in tazzina. Ma anche il gelato era un cavallo di battaglia e le paste la domenica nel vassoio di cartone dorato, consuetudini che non torneranno più.
Una chiusura che sa di sconfitta su tutti i fronti, con il Covid che ha segnato il colpo di grazia e terminato una lunga tradizione.
Con il «Bar Smeraldo» si chiude l’epoca del caffè dei marinai al mattino, quando c’erano ancora molti pescherecci, il mercato del martedì nella centralissima Piazza Vittorio Emanuele II (il borgo) con un via vai di gente che a sera si tramuta nel passeggio dello struscio.
Anni ormai andati. In cui si lavorava con la gente che affollava il centro e soprattutto la domenica quando le strade laterali alla piazza per eccellenza venivano chiuse per dare ampio spazio al passeggio domenicale.
Altri tempi in cui i ragazzi cresciuti al caffè «Roma», negli anni ‘70 presero le loro strade. Vito Ulivo, Tommaso Iaia, Nicola Pipoli e Luciano Leoci, che oggi a 70 anni, dice basta con la caffetteria e si mette a riposo. I figli Paolo e Gianni cambiano attività ma non lasciano il settore e ricordano l’amarcord di una stagione felice che sembra passata in batter di ciglia.
«Avevo un anno quando papà aprì il bar - ricorda Paoletto - Era il 3 febbraio del 1976. Non so perché si scelse quel nome, in realtà era lo stesso del bar che venne avviato un anno prima, sempre lì da Pierino Allegrini».
L’avviamento da parte di un’altra famiglia che ha segnato la ristorazione e la pasticceria in città. Gli Allegrini lasciarono il centro città per aprire le loro strutture al Capitolo. Ma l’era delle sale ricevimenti non sottrasse nulla al Caffè. E «Smeraldo» ha brillato con tre ristrutturazioni fino a oggi.
«Avremmo voluto fare una grande festa - rimarca Paolo - ma il covid-19 ci ha tolto anche questo piacere». Ricorda: «Negli anni d’oro davamo lavoro fino a 15 persone che si alternavano in 3 turni di lavoro. Il bar sembrava un porto di mare per quanta gente vi entrava». E i tavolini, in un’epoca priva di restrizioni, senza le regole dell’Haccp, si mettevano anche sotto gli alberi, agli angoli della piazza: d’estate c’era il piano bar.
Sembra il ricordo di quattro amici al tavolino e invece è la realtà di un mondo che se non c’è più, ha comunque cambiato pelle. E fino a tre anni fa, la mamma Anna Leuci, ora 66enne, ha mantenuto salda anche la tradizione della pasticceria che la domenica era un rito immancabile in una stagione in cui il dolce a fine pranzo era solo relegato alla domenica e alle feste comandate. Le calze della Befana si compravano al bar e la notte della Madonna, il 16 dicembre, la fila per la cioccolata calda o il caffè con l’anisetta si allungava prima che il sole scaldasse l’orizzonte.
Lo «Smeraldo» chiude e lascia un quadretto di memorie nella mente di chi ha vissuto quei momenti, di chi oggi canuto e stempiato sa cosa significava il passeggio dal Borgo alla Villa e l’eco dei concerti estivi gratuiti in piazza, quello epico di Zucchero Fornaciari al suo primo grande tour di «Oro, incenso e birra» e le note di «Pippo che cazzo fai» rimbombarono nella afosa notte di Monopoli la sera del 4 agosto del 1989: non solo il «Bar Smeraldo», ma tutti i bar della città e gli alimentari vendettero l’invendibile. Però l’eco di quei momenti di festa ormai è solo un ritornello triste come il cigolio di una saracinesca che si chiude sul passato di una pagina di storia dell’Horeca cittadina.
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