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La morte dei «fidanzatini di Policoro»: dopo 37 anni la madre del ragazzo chiede la riapertura delle indagini

 
ANTONIO CORRADO

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ANTONIO CORRADO

La morte dei «fidanzatini di Policoro»: dopo 37 anni la madre del ragazzo chiede la riapertura delle indagini

Luca Orioli, giovane universitario dal futuro promettente, e la sua fidanzata furono trovati cadaveri in una villetta di Policoro il 23 marzo 1988

Mercoledì 19 Febbraio 2025, 14:40

MATERA - Passerà alla storia come la «madre coraggio» di Luca Orioli. Così oggi Olimpia Fuina, a poco meno di 37 anni da quel maledetto 23 marzo 1988, chiede alla Procura di Matera una nuova riapertura delle indagini perché si accerti la verità sulla morte del figlio, giovane universitario dal futuro promettente, avvenuta in una villetta di Policoro dove si trovava in compagnia della fidanzata, anch’ella trovata cadavere. Il caso è noto alle cronache come quello dei «Fidanzatini di Policoro». Mentre la famiglia di lei si è rassegnata alla verità investigativa e giudiziaria, Olimpia non accetta gli esiti di quella che a suo parere è stata un’indagine frettolosa, avventata, disseminata di depistaggi e palesi errori procedurali. Secondo la magistratura, che si è pronunciata tante volte anche dopo la recente riesumazione dei corpi, Luca e la sua fidanzata sarebbero morti per elettocuzione, ovvero folgorati dalla scarica elettrica prodotta dalla stufa accesa nel bagno riempito dal vapore della doccia che stavano facendo insieme.

Una verità giudiziaria ritenuta frettolosa e avventata dai vari legali di Olimpia, i quali hanno provato nell’ultimo trentennio a portare all’attenzione dei giudici una serie di elementi oggettivi, che dimostrerebbero invece l’ipotesi della morte indotta da terzi. Oggi Olimpia chiede nuove indagini, assistita dall’avvocato catanese Antonio Fiumefreddo, dopo che l’inchiesta più volte archiviata e riaperta non è mai giunta a un reale punto fermo.

Tra le cause del duplice fatto di sangue c’è stata anche l’intossicazione riconducibile a una improbabile fuga di gas, smentita poi da diverse autorevoli perizie. Quindi cosa è accaduto davvero in quella villetta isolata di via Puglia? Per Olimpia la verità non c’è ancora. Si è parlato di false perizie, contaminazioni della scena del crimine, fotomontaggi in atti giudiziari e depistaggi da parte di periti e testi, ma non solo. Luca e la sua fidanzata dovevano morire perché a conoscenza di segreti inconfessabili?

«Non mi sono mai arresa –spiega Olimpia Fuina– e in questi lunghi anni ho continuato a chiedere che si facesse un’indagine approfondita e libera. Luca è stato ucciso e non è non si è trattato di morte accidentale. -insiste- Ci sono stati magistrati coraggiosi che lo hanno messo nero su bianco, come Luigi De Magistris, come investigatori e periti seri. Oggi è ancora possibile accertare la verità. Confido che non resistano più quelle impunità che in passato possono avere contribuito a rendere difficili le indagini. Lo dobbiamo a quei due ragazzi giovanissimi, che avevano la vita davanti; a mio marito, che fino all’ultimo respiro ha lottato per nostro figlio. Abbiamo indicato prove inedite e chiesto di escutere testimoni mai sentiti. Mi affido al coraggio di chi ha in mano ora le indagini, e alla incrollabile fede, non solo spirituale, ma anche negli uomini e le donne che portano la toga e che scongiuro di aiutarmi a rintracciare i colpevoli di quell’orrendo duplice delitto». Per l’avvocato Fiumefreddo, «è una vicenda incredibile, in cui depistaggi e falsità l’hanno fatta da padroni. Basti pensare al grande lavoro investigativo fatto da due ufficiali dei carabinieri e da un noto magistrato, poi tutti trasferiti, per rendersi conto di quella che era ed è la terribile verità che si nasconde dietro l’eccidio dei due ragazzi. Riteniamo di aver dato gli spunti necessari affinché l’inchiesta possa essere riaperta e stavolta, attesi diversi fatti inediti e alcuni aspetti importanti mai approfonditi e che invece diventano basilari per scoprire quella tragica realtà negata per anni e anni».

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