il problema

Niente posti nelle Rsa del Salento, il dramma delle famiglie dei malati

Gaetano Gorgoni

E così, in qualche caso, può finire in tragedia, come è accaduto a Porto Cesareo, dove un anziano malato di Alzheimer ha perso l’orientamento ed è stato trovato morto

LECCE - Troppe famiglie salentine con anziani non autosufficienti sono in grande difficoltà, prive di assistenza adeguata. E così, in qualche caso, può finire in tragedia, come è accaduto a Porto Cesareo, dove un anziano malato di Alzheimer ha perso l’orientamento ed è stato trovato morto.

I nuovi posti letto promessi dai vertici della sanità regionale per le Rsa tardano ad arrivare. Eppure basterebbero gli accreditamenti provvisori per superare le lungaggini burocratiche. Nell’atto ricognitivo Dgg 2152/2019 l’Asl di Lecce si impegnava ad accreditare 1.113 posti letto per mantenimento di anziani, più 69 nuovi posti per le demenze. Ad oggi sono stati accreditati solo 733 posti letto: dopo 4 anni ne mancano 380 all’appello. Ci sono 9 Rsa nel leccese ancora da accreditare (ne sono state accreditate 30) e mancano i nuovi posti promessi dalla delibera della giunta Emiliano del 2023.

La gestione domiciliare dei pazienti è un calvario. Come testimonia la signora Anna, 81enne di Squinzano, che vive con la pensione del marito ormai 90enne e malato di Alzheimer. Le medicine e gli interventi domiciliari dei medici costano tanto, le terapie insostenibili con pensioni modeste. «Sono sempre insieme a mio marito, non mi muovo mai da casa - sottolinea la signora Anna - se non mi vede, impazzisce: mi confonde con sua madre. È tornato come un bambino. Oggi sono stata 2 ore e mezza accanto a lui nel letto: mi chiede di tenergli sempre le mani. Grida, si lamenta... Fa dell’autolesionismo. Mia figlia mi aiuta, ma non basta. Ora lui è sulla sedia a rotelle. Non potremo gestirlo ancora per molto a domicilio, ma una Rsa costa troppo, dovrebbero aiutarci». Il marito di Anna percepisce 520 euro per l’invalidità e una piccola pensione per 35 anni di lavoro alla Montecatini di Brindisi: peggiora ogni giorno, deve essere aiutato pure per andare in bagno. Ogni visita domiciliare costa 150 euro. Molte famiglie preferiscono andare in ospedale. E i nosocomi salentini stanno esplodendo con le cronicità che dovrebbero essere risolte dalla medicina territoriale. Se una Rsa costa circa 100 euro al giorno, un letto di ospedale ne costa almeno 300 per cronicità che dovrebbero essere gestite altrove e che sottraggono posti alle emergenze.

«La malattia distrugge non solo lui, ma anche chi gli sta a fianco: non riusciamo più a vivere sereni, lui è arrabbiato e dobbiamo sempre assecondarlo, altrimenti sono guai», racconta la figlia del 90enne. Senza l’aiuto pubblico, una Rsa arriva a costare 3.000 euro, più le medicine. Costi proibitivi per le pensioni e gli stipendi medi, soprattutto per le tante famiglie pugliesi monoreddito. Non si possono gestire pazienti così fragili a domicilio o con le badanti: servono competenze, équipe mediche. Non tutti hanno la fortuna di essere operatori socio sanitari di professione, come la signora Lina, di Lecce: «Mia madre ha una patologia neurologica importante più l’Alzheimer: ha 81 anni. Lavoro e mi faccio aiutare da una signora. Dopo che stacco, ricomincio. Mia madre è sulla sedia a rotelle. Quando sta male, ogni volta, devo metterla in macchina, facendomi aiutare da tre persone per andare in ospedale. Il cardiologo viene a casa ogni 6 mesi. Anche la visita pneumologica è a domicilio. Vorrei che l’assistenza domiciliare venisse rafforzata. È interesse della sanità pubblica evitare che i pazienti cronici affollino gli ospedali. Quando queste malattie capitano a persone che non sono del mestiere, il problema diventa ingestibile. Io ho lavorato nelle Rsa: ci vuole molto personale per gestire pazienti in queste condizioni, ma con le tariffe che non vengono adeguate, all’orizzonte si intravedono solo licenziamenti e gestione con poco personale». Sono state raccolte decine di migliaia di firme dalla signora Maria Capriati, ex soccorritrice del 118 di Lecce, che ha dovuto rinunciare al lavoro per seguire sua madre, malata di Alzheimer (ora vive con la sua pensione): una petizione che esprime il dolore dei caregiver, che vorrebbero che non ci fossero liste d’attesa e costi così alti per accedere alle Rsa. Ma la politica regionale non riesce a dare risposte, prende tempo.

«Sollecitiamo l’approvazione della delibera della giunta regionale che assegnerà nuovi fabbisogni di accreditamento come stabilito dal governo regionale già dal giugno 2023 - dice Antonio Perruggini, presidente dell’associazione Welfare a Levante - A questo va associato l’incremento del fondo di remunerazione ancora incerto e questo per noi è una seria preoccupazione perché il protrarsi di questa situazione inciderebbe sulla tenuta delle gestioni e quindi dei livelli occupazionali che stiamo sostenendo con grande impegno e senso di responsabilità. Serve una rivisitazione dell’articolazione normativa con un nuovo testo che semplifichi le procedure di autorizzazione, accreditamento rendendo i requisiti più accessibili».

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