macchina del tempo

La Fiera «risorge», Bari è in fermento

Annabella De Robertis

La XII edizione dopo la 2ª Guerra mondiale

È il 4 settembre 1948: la città di Bari è in fermento per l’inaugurazione della XII edizione della Fiera del Levante. Si tratta di un appuntamento molto atteso, che segna l’avvio definitivo di una nuova stagione di scambi commerciali e culturali: soltanto l’anno precedente la campionaria era stata rimessa in piedi in soli 87 giorni dopo sei anni di interruzione a causa degli eventi bellici. «Oggi l’apertura della Fiera significa la riconferma che quel miracolo era necessario, che la tenacia degli organizzatori e delle categorie economiche baresi avevano saputo guardare da lontano con la tradizionale accortezza dei naviganti e la sagacia degli imprenditori», si legge su «La Gazzetta del Mezzogiorno». Turchia, Jugoslavia, Ungheria, Polonia, Danimarca e Olanda hanno annunciato mesi prima la loro presenza alla campionaria barese, sebbene il problema irrisolto del porto di Bari – non ancora integralmente funzionante dopo aver subito ingenti danni tra il 1943 e il 1945 – impedisca nei fatti un ripristino degli antichi traffici internazionali «che formarono le fortune di Bari mercantile».

La partecipazione dei paesi dell’Oriente europeo che si trovano al di là della cortina di ferro pone la campionaria barese sullo stesso livello di quella milanese. La Fiera si ripropone come centro propulsore dell’economia del Mezzogiorno e al suo interno si anima lo spazio di riflessione sui temi riguardanti l’industrializzazione del Sud e l’utilizzo delle risorse americane. In quei mesi del ‘48, infatti, è entrato nel vivo il dibattito sull’attuazione del Piano Marshall, il piano di aiuti per la ricostruzione europea promosso dagli Stati Uniti. Molte volte sulle pagine de «La Gazzetta del Mezzogiorno» intellettuali, meridionalisti, esperti e industriali sottolineano l’importanza della Fiera per la ripresa dei traffici: la riattivazione degli scambi con l’estero è la condizione essenziale, insieme agli aiuti americani, per la ricostruzione interna del Paese, dal momento che la produzione è in quel periodo priva di mercati di sbocco.

«L’Europa, pur divisa in due blocchi non soltanto economici, mostra già di non poter fare a meno della naturale interdipendenza che è stata sempre alla base dei suoi scambi. Da questa Fiera si leva oggi la voce dell’Italia che vuol tornare a vivere in un mondo concorde, ma soprattutto quella del Mezzogiorno che attraverso le tradizioni mercantili, antiche e recenti, dei suoi centri più vivi, vuol tornare a reinserirsi nelle grandi correnti dei traffici internazionali, dai quali si attende la spinta più attiva al suo progresso», scrive Arnaldo di Nardi in prima pagina.

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