Enna - 13enne ucciso: motivo la pedofilia
PALERMO - Ci sarebbe la pedofilia sullo sfondo dell'uccisione di Francesco Ferreri, il ragazzino di 13 anni il cui cadavere fu trovato in una scarpata a Barrafranca, nelle campagne di Enna, il 18 dicembre scorso. Le indagini sembrano confermare i primissimi sospetti: la vittima sarebbe stata adescata, portata in un luogo appartato - forse una stalla - dove avrebbe subito un tentativo di violenza. Francesco, però, si sarebbe ribellato. Per questo sarebbe stato ucciso.
Tredici colpi alla testa con una chiave inglese gli hanno sfondato il cranio. Il corpo sarebbe stato poi caricato in un'auto, spostato, e gettato nel dirupo.
Una vicenda tragica ricostruita dai magistrati della procura dei minorenni di Caltanissetta, competente perchè tra gli indagati c'è anche un minore, e dai pm della procura di Enna che hanno chiesto ed ottenuto l'arresto di 5 persone: Giuseppe Faraci, 21 anni, l'unico accusato di omicidio, ed altri tre adulti - Salvatore Randazzo, di 20, Calogero Mancuso, di 40 e Antonio Lo Bue, di 39 - che insieme ad un compagno di scuola della vittima, un ragazzino di 15 anni, sono accusati di violenza sessuale aggravata.
Restano ancora molti punti da chiarire nella dinamica dell'omicidio. Non è stato reso noto, infatti, chi abbia convinto Francesco a salire in auto - la vittima non era uscita di casa con l'intenzione di allontanarsi, come dimostra il fatto che non aveva portato con sè lo zainetto ed il cellulare -; chi tra gli indagati abbia partecipato alla violenza - i pm precisano che non ci sarebbe stato uno stupro ma atti di libidine, ipotesi di reato che la nuova legge classifica come violenza carnale -; chi abbia spostato il cadavere.
Di certo, nella ricostruzione fornita, c'è il movente ed il nome del presunto assassino: Giuseppe Faraci, operaio edile, disoccupato come gli altri tre adulti finiti in cella. Ed il contesto di assoluto degrado che emerge dalle foto trovate nelle digitali di alcuni indagati e nei files dei pc sequestrati. Siti pornografici per pedofili con immagini di bambini violentati e uccisi, sarebbero stati consultati dai computer in uso ad almeno due degli arrestati.
La polizia postale di Catania è riuscita a «ripescarli» perchè, dopo il delitto, i proprietari avrebbero più volte formattato gli hard disk per farli sparire. Nella memoria di alcune macchine fotografiche poi sono state trovate le immagini di bambini nudi scattate in campagne e in stalle della zona.
E probabilmente proprio in una stalla è stato portato Francesco. La vittima è uscita di casa volontariamente, fatto che dimostra la conoscenza delle persone con cui si è allontanata, intorno alle 19 del 16 dicembre. Il corpo è stato scoperto due giorni dopo in un burrone a circa sette chilometri da Barrafranca, ai bordi della strada che porta alla diga Ulivo. L'arma del delitto è stata trovata successivamente, accanto ad un abbeveratoio. «Proprio grazie al ritrovamento dell'arma - ha detto il procuratore di Enna Salvatore Cardinale - le indagini hanno subito una svolta».
Di un'inchiesta complicata dal «clima di omertà e reticenza» della comunità hanno parlato i magistrati durante la conferenza stampa seguita agli arresti. La scarsa collaborazione dei cittadini avrebbe portato all'iscrizione nel registro degli indagati per falsa testimonianza di una sesta persona. Resta il giallo sull'identità di un testimone oculare: un ragazzino di 13 anni che avrebbe visto Francesco salire nell'auto ed allontanarsi con gli indagati. La sua testimonianza avrebbe consentito agli inquirenti di stringere il cerchio attorno al presunto assassino.
Una vicenda tragica ricostruita dai magistrati della procura dei minorenni di Caltanissetta, competente perchè tra gli indagati c'è anche un minore, e dai pm della procura di Enna che hanno chiesto ed ottenuto l'arresto di 5 persone: Giuseppe Faraci, 21 anni, l'unico accusato di omicidio, ed altri tre adulti - Salvatore Randazzo, di 20, Calogero Mancuso, di 40 e Antonio Lo Bue, di 39 - che insieme ad un compagno di scuola della vittima, un ragazzino di 15 anni, sono accusati di violenza sessuale aggravata.
Restano ancora molti punti da chiarire nella dinamica dell'omicidio. Non è stato reso noto, infatti, chi abbia convinto Francesco a salire in auto - la vittima non era uscita di casa con l'intenzione di allontanarsi, come dimostra il fatto che non aveva portato con sè lo zainetto ed il cellulare -; chi tra gli indagati abbia partecipato alla violenza - i pm precisano che non ci sarebbe stato uno stupro ma atti di libidine, ipotesi di reato che la nuova legge classifica come violenza carnale -; chi abbia spostato il cadavere.
Di certo, nella ricostruzione fornita, c'è il movente ed il nome del presunto assassino: Giuseppe Faraci, operaio edile, disoccupato come gli altri tre adulti finiti in cella. Ed il contesto di assoluto degrado che emerge dalle foto trovate nelle digitali di alcuni indagati e nei files dei pc sequestrati. Siti pornografici per pedofili con immagini di bambini violentati e uccisi, sarebbero stati consultati dai computer in uso ad almeno due degli arrestati.
La polizia postale di Catania è riuscita a «ripescarli» perchè, dopo il delitto, i proprietari avrebbero più volte formattato gli hard disk per farli sparire. Nella memoria di alcune macchine fotografiche poi sono state trovate le immagini di bambini nudi scattate in campagne e in stalle della zona.
E probabilmente proprio in una stalla è stato portato Francesco. La vittima è uscita di casa volontariamente, fatto che dimostra la conoscenza delle persone con cui si è allontanata, intorno alle 19 del 16 dicembre. Il corpo è stato scoperto due giorni dopo in un burrone a circa sette chilometri da Barrafranca, ai bordi della strada che porta alla diga Ulivo. L'arma del delitto è stata trovata successivamente, accanto ad un abbeveratoio. «Proprio grazie al ritrovamento dell'arma - ha detto il procuratore di Enna Salvatore Cardinale - le indagini hanno subito una svolta».
Di un'inchiesta complicata dal «clima di omertà e reticenza» della comunità hanno parlato i magistrati durante la conferenza stampa seguita agli arresti. La scarsa collaborazione dei cittadini avrebbe portato all'iscrizione nel registro degli indagati per falsa testimonianza di una sesta persona. Resta il giallo sull'identità di un testimone oculare: un ragazzino di 13 anni che avrebbe visto Francesco salire nell'auto ed allontanarsi con gli indagati. La sua testimonianza avrebbe consentito agli inquirenti di stringere il cerchio attorno al presunto assassino.