Fausto Manara: «Forte come la dolcezza»
Un sorriso che non lascia scampo, sul viso ha impresso la sua la sua strada: l'accoglienza, di cui è impregnata ogni singola cellula di Fausto Manara, autore del libro: «Forte come la dolcezza».
Psichiatra, socio fondatore della Società italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare (di cui è vicepresidente), dal 1998 è direttore del centro pilota regionale per i disturbi del comportamento alimentare dell'azienda ospedaliera "Spedali Civili" di Brescia.
Di fatto, Manara è un uomo che vive quotidianamente confrontandosi con la sofferenza esistenziale.
Perché un libro dedicato alla dolcezza?
«E' uno stato dell'anima che non ha nulla a che fare con l'essere subalterni o sottomessi, ma è la strada per riscoprire un'umanità ormai delirante, per aprirci agli altri promovendo i valori che la caratterizzano: accettazione, tolleranza, comprensione, empatia, ascolto e disponibilità. La dolcezza per aprirsi a se stessi e avvicinarci agli altri, migliorando la qualità delle relazioni, familiari o professionali che siano».
«In un mondo di falsi miti, lustrini e vuoti bagliori, è luogo comune strumentalizzare le persone come mezzi, anziché rispettarle come fine. In fondo chi ignora, mimetizza i propri sentimenti non fa che danneggiare prima di tutto se stesso, togliendo colore alla propria esistenza e a quella di chi gli vive accanto».
Uomini e donne, due universi opposti stesso modo di esprimere dolcezza?
«Il modo dipende dalla cultura ma la differenza esiste nell'obiettivo: il maschio la dona per avere sesso, la donna per essere amata. Sta di fatto che oggi a soffrire per incomprensione e fraintendimenti sono gli uomini, a causa di quelle che definisco le donne-attive-indipendenti, ovvero il gentil sesso che ha imparato a donare la dolcezza per avere ciò che vuole e poi va via lasciando il maschio illuso, ferito da quel comportamento che fino a poco tempo fa era esclusivamente suo».
Cibo e dolcezza
«Il legame è forte, simbolico e reale. Chi ha ricevuto poco amore da piccolo è facile che da adulto compensi con una dieta che prediliga gli zuccheri. Ma se la carenza affettiva è stata forte si può arrivare all'eccesso di rifiutare completamente il cibo, in una sorta di ricatto per cui gli anoressici rifiutano totalmente il cibo e se stessi, asserendo con il loro comportamento: mi suicidio davanti ai tuoi occhi perché non mi hai nutrito e allora non lo faccio neppure io».
In ambienti, familiari o di lavoro, in cui vige la strategia di Macchiavelli, razionale e disumana che mira a passare sui cadaveri degli altri per raggiungere gli obiettivi individuali, come può sopravvive un essere dolce?
«Il segreto è individuare un anello della catena simile, con cui creare un feeling, instaurando un rapporto di solidarietà. Si crea così un'onda di maggiore portata con cui è più facile far vacillare, se non addirittura crollare, il sistema. E produrre cambiamento».
Stefania Lisena
Psichiatra, socio fondatore della Società italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare (di cui è vicepresidente), dal 1998 è direttore del centro pilota regionale per i disturbi del comportamento alimentare dell'azienda ospedaliera "Spedali Civili" di Brescia.
Di fatto, Manara è un uomo che vive quotidianamente confrontandosi con la sofferenza esistenziale.
Perché un libro dedicato alla dolcezza?
«E' uno stato dell'anima che non ha nulla a che fare con l'essere subalterni o sottomessi, ma è la strada per riscoprire un'umanità ormai delirante, per aprirci agli altri promovendo i valori che la caratterizzano: accettazione, tolleranza, comprensione, empatia, ascolto e disponibilità. La dolcezza per aprirsi a se stessi e avvicinarci agli altri, migliorando la qualità delle relazioni, familiari o professionali che siano».
«In un mondo di falsi miti, lustrini e vuoti bagliori, è luogo comune strumentalizzare le persone come mezzi, anziché rispettarle come fine. In fondo chi ignora, mimetizza i propri sentimenti non fa che danneggiare prima di tutto se stesso, togliendo colore alla propria esistenza e a quella di chi gli vive accanto».
Uomini e donne, due universi opposti stesso modo di esprimere dolcezza?
«Il modo dipende dalla cultura ma la differenza esiste nell'obiettivo: il maschio la dona per avere sesso, la donna per essere amata. Sta di fatto che oggi a soffrire per incomprensione e fraintendimenti sono gli uomini, a causa di quelle che definisco le donne-attive-indipendenti, ovvero il gentil sesso che ha imparato a donare la dolcezza per avere ciò che vuole e poi va via lasciando il maschio illuso, ferito da quel comportamento che fino a poco tempo fa era esclusivamente suo».
Cibo e dolcezza
«Il legame è forte, simbolico e reale. Chi ha ricevuto poco amore da piccolo è facile che da adulto compensi con una dieta che prediliga gli zuccheri. Ma se la carenza affettiva è stata forte si può arrivare all'eccesso di rifiutare completamente il cibo, in una sorta di ricatto per cui gli anoressici rifiutano totalmente il cibo e se stessi, asserendo con il loro comportamento: mi suicidio davanti ai tuoi occhi perché non mi hai nutrito e allora non lo faccio neppure io».
In ambienti, familiari o di lavoro, in cui vige la strategia di Macchiavelli, razionale e disumana che mira a passare sui cadaveri degli altri per raggiungere gli obiettivi individuali, come può sopravvive un essere dolce?
«Il segreto è individuare un anello della catena simile, con cui creare un feeling, instaurando un rapporto di solidarietà. Si crea così un'onda di maggiore portata con cui è più facile far vacillare, se non addirittura crollare, il sistema. E produrre cambiamento».
Stefania Lisena