L'intervista
«Il Papa figura decisiva sulla via della pace L’Italia? Basta armi a Kiev»
Alemanno: «Meloni prenda iniziativa in Ue»
Gianni Alemanno, ex ministro e fondatore della Destra sociale, ha promosso a Lecce un incontro con Adriana Poli Bortone, Massimo Arlechino, Antonio Cardigliano e Gianluigi Paragone per presentare il manifesto “Fermare la guerra”. Qual è il vostro obiettivo?
«Siamo ormai alla ventesima manifestazione in Italia. Abbiamo curato un documento che ha come obiettivo fermare le armi in Ucraina. Vogliamo che il governo italiano prenda una iniziativa di pace in sede europea».
Chi ha sottoscritto il manifesto?
«È il risultato di un lavoro a più mani con intellettuali come, tra gli altri, Franco Cardini, Francesco Borgonovo, Adolfo Morganti e Massimo Magliaro».
Dalle enunciazioni di principio al concreto…
«Domani terremo una assemblea del nostro comitato a Roma, poi lanceremo due piazze di destra contro la guerra, a Milano il 4 dicembre e aRoma il 17».
Il pallino per stoppare i missili lo hanno in Occidente solo gli Usa?
«C’è un conflitto di interessi in atto. Mentre gli Usa si arricchiscono con questo conflitto, l’Europa rischia di avere un orizzonte di deindustrializzazione. E per questo ha l’obbligo politico di essere in prima linea dove si può intavolare una trattativa».
Finora l’Ue e l’Italia hanno avuto una chiara posizione pro Kiev.
«Per colpa del governo Draghi che ha fatto da cane da guardia di Washington. L’Europa, nonostante i danni subiti, non ha una iniziativa autonoma. Pare che Macron voglia contattare Putin, ma, a nostro avviso, l’Italia potrebbe essere protagonista per la pace».
Il dibattito politico in Ue ha visto il voto dissonante del M5S su una mozione che definiva la Russia “terrorista”. Cosa ne pensa?
«Purtroppo, mi duole dirlo, la penso come i 5S. Questa mozione è benzina sul fuoco, definire Putin e Mosca “criminali” non aiuta, ma alza un’altra barriera. C’è una doppia morale inaccettabile: in altri contesti internazionali con gli americani protagonisti si è operato diversamente da come ci si schiera contro Mosca».
Il governo italiano potrebbe essere in procinto di inviare nuove armi a Kiev.
«Mi auguro che il governo Meloni, appena ha il pieno possesso dei dossier, vada in discontinuità rispetto all’esecutivo Draghi e all’appiattimento sulla linea di Biden. Se ci fosse stato Trump non saremmo a questo punto. Mandare armi a Zelensky ci rende co-belligeranti, mentre Roma dovrebbe avere una funzione di neutralità attiva. La cosa più grave è che a fronte dell’invio delle armi non ci sia una proposta di pace: dovremmo chiedere, per esempio, il cessate il fuoco alla Russia, proponendo di stoppare l’invio di armi agli ucraini».
Chi può sbloccare l’impasse?
«Il Papa è la figura chiave di questo conflitto: ha sottolineato che Putin ha sbagliato a invadere l’Ucraina ma ha ricordato le precedenti provocazioni con “l’abbaiare della Nato” ai suoi confini. Ora invita a comprendere le ragioni profonde della guerra per rimuoverle. Mi auguro che i governi lo supportino a partire dalla Meloni».
Lei rappresenta una destra con una visione geopolitica che non è sintetizzabile solo con l’atlantismo. Il nodo è l’Europa?
«Non è necessario uscire dalla Nato per avere più autonomia. Dovremmo prendere esempio da Fanfani… Viviamo in un mondo multipolare nel quale l’Ue è chiamata sempre più a fare da sola, deve prendere una posizione geopolitica che difenda i suoi interessi. L’Europa poi ha bisogno dell’energia della Russia, c’è una integrazione naturale tra la potenza tecnologica europea e quella energetica russa. Si è invece creato un muro tra Bruxelles e Mosca mentre le nostre filiere industriali vanno in default. L’anno prossimo, per il Fmi, andremo in recessione: ecco la recessione si può ribaltare, non la distruzione dei presidi industriali è difficile da superare».
Fdi partito egemone nel centrodestra di governo. Lei ha vissuto la stagione delle alleanze fin da quando le stringeva - per Fare Fronte - con i ciellini negli anni 80 alla Sapienza. Quali errori non vanno commessi a destra?
«Vige sempre il metodo Tatarella: bisogna essere inclusivi e collegiali nelle scelte. Non contano solo i numeri, che si possono anche perdere...».
Meloni a Palazzo Chigi?
«Avere un premier di destra donna è un atto storico, ma bisogna evitare errori strategici. Ci vuole discontinuità rispetto al draghismo nella politica estera, per difendere l’interesse nazionale nel mondo».