Vento da Sud
Michele Dell’Aquila, la cultura critica a Sud
Per lui la critica aveva un profondo valore politico. Soprattutto la critica militante che incontrava poeti viventi e questioni regionali irrisolte
La rivista pisana Italianistica ha pubblicato nell’anno in corso un lungo ricordo di Michele Dell’Aquila che fu condirettore della stessa per molti anni. Voglio approfittare di questo omaggio per ricordare un grande maestro scomparso poco più di tre lustri orsono, un uomo affettuoso e gentile che ha lavorato intensamente per la vita culturale e politica del Mezzogiorno e che è stato una firma importante del nostro quotidiano.
A partire dal 1974 io fui allievo di Michele Dell’Aquila, stagione in cui cominciai a indagare sulla letteratura lucana. Dell’Aquila accettò di scrivere una nota introduttiva alla ricerca, per avvalorare la metodologia e il tipo di indagine. Facendo appello a un convegno tenuto a Bari da Sansone e Dionisotti a fine anni Sessanta, parlò di geografie letterarie da esplorare e della necessità di arricchire il percorso della letteratura nazionale tracciato da Francesco De Sanctis.
Per lui la critica aveva un profondo valore politico. Soprattutto la critica militante che incontrava poeti viventi e questioni regionali irrisolte.
Michele Dell’Aquila si era sottoposto a questa forma di operatività già dagli anni Sessanta. Dalle antologie di Poesia e letteratura per i licei e gli istituti magistrali aveva mostrato la linea del suo domani, esistevano i cosiddetti maggiori perché esistevano i minori e la letteratura era un cielo su cui si segnalavano presenze di comete astri pianeti sciami stellari. In questo sciame brillavano autori di ogni parte d’Italia e affioravano molte zone d’ombra da illuminare.
Era anche un meridionalismo critico applicato a due secoli che sentiva più vicini, il Sette e l’Ottocento. Poi la folgorazione, nel sodalizio con Mario Sansone, suo maestro e amico, la chiamata all’Università di Bari. Sulla linea del maestro si appassionava alla letteratura pugliese, l’affondo su Pietro Giannone e su Rocco Scotellaro.
Avevamo fondato negli anni Settanta a Bari uno di quei sodalizi tra poeti che allora si chiamavano «Gruppi alternativi d’avanguardia». Con me c’erano Daniele Giancane, Franco Bellino, Alessandro Zaffarano, Tommaso Di Ciaula, Francesco Nicassio. Reagivamo al potere culturale, alla distanza delle grandi case editrici e agli intellettuali che non lasciavano spazio ai giovani e a voci nuove. Dell’Aquila si schierò affianco a noi e ai gruppi teatrali pugliesi, l’Abeliano di Bari, il Cerchio di Gesso di Foggia e ai commediografi Nicola Saponaro, Nunzio Ingrosso e Vito Maurogiovanni. E fu vicino alla narrativa di Giorgio Saponaro e di Maria Marcone, che raccontavano la nascita a Bari della società mercantile e la condizione della donna nel contesto borghese e metropolitano del Mezzogiorno.
Nell’ottobre del 1979 fece sorgere a Bari una rivista letteraria che acquistò in breve molto prestigio, La ricerca, pubblicata dall’Istituto di Letteratura Italiana di Magistero. Intanto accettava la direzione di una importante rivista a diffusione nazionale, Italianistica e avviava la collana di Indici, repertori e studi pugliesi di cultura. Attorno a lui si formava una scuola di giovani assistenti, Tina Achilli, Gianna Borella Tupputi, Maria Teresa Colotti, Wanda de Nunzio, Silvana Ghiazza, Antonio Jurilli, Giovan Battista Mancarella, Maria Pagliara, Giovanna Zaccaro. Un gruppo a cui si aggiunsero più tardi Ettore Catalano, Franco Vitelli e Dino Sebastio.
Intanto, La Gazzetta del Mezzogiorno per la quale aveva cominciato a scrivere, lo riconosceva come firma di fondo della terza pagina. Insieme a Francesco Tateo e Vitilio Masiello aveva tenuto a battesimo il nostro gruppo di poeti, Interventi culturali, scriveva dei garganici di Quaderni del Sud e dei poeti salentini figli di Girolamo Comi e Vittorio Bodini stretti intorno a L’Albero, gli sperimentali del gruppo Ghen art. Continuava a non essere d’accordo con una linea critica dell’università di Bari tutta attenta alle biografie chiuse. Era l’insegnamento di Mario Sansone.
Da tutto questo nacque per Mario Adda editore, nel 1983, il Parnaso di Puglia nel ‘900, un libro che spalancò le porte dell’Università e della critica nazionale a una miriade di autori, piccoli e grandi, un’operazione che definì la linea letteraria di una regione ma anche il carattere e la fisionomia critica di Dell’Aquila. Perché aprì un interesse critico verso autori per così dire di seconda fascia, quella Humilemque Italiam fatta non più di eccellenze codificate ma di creativi sepolti o sconosciuti. Questa prova generale ebbe un seguito nel 1986 con un’antologia realizzata per l’editrice La Scuola, nella collana Letteratura delle regioni d’Italia-Storia e testi.
Sul fronte degli studi intanto scandagliava Foscolo, De Sanctis, Manzoni. Soprattutto il Manzoni che si confrontava con la lingua italiana, l’Agamennone di Alfieri e l’amato Leopardi. Per la verità, la questione della lingua lo tenne impegnato tutta la vita.
Si costituiva intanto attorno a lui e a Gigliola De Donato quella compagine critica sempre divisa tra Scienza della Formazione e Lettere e che ha battuto almeno quattro vie nell’indagine critica: la scrittura al femminile, la produzione meridionale, l’analisi filologica, il rapporto tra scrittura e società.
Non sto a ricordare gli interventi sul Novecento e sulla letteratura pugliese, che erano costanti. Bisognerebbe raccogliere gli articoli affidati alla pagina culturale della Gazzetta e pubblicarli in volume. Una serie infinita di recensioni di cui Franco Vitelli e Giulia Dell’Aquila hanno dato notizia in un recente studio bibliografico e che offrirebbero un’immagine più completa di questo intellettuale di immense qualità.