Il punto di vista
L'ambasciatore McFaul: «Il piano di Putin per l'Ucraina: fine della democrazia e sottomissione totale»
Fu uno dei protagonisti della distensione Usa - Russia con Obama
ROMA - In queste ore, in un clima molto teso dopo la minaccia nucleare, sono iniziati i colloqui fra Russia e Ucraina, dopo una decisa resistenza del governo di Kiev. In questa situazione così complessa, è importante analizzare le varie fasi con autorevoli punti di vista esteri. Ascoltiamo Michael McFaul, accademico e diplomatico americano, ambasciatore in Russia dal 2012 al 2014, che è attualmente docente presso il Dipartimento di Scienze Politiche alla Stanford University, e anche Direttore del Freeman Institute for International Studies. Da architetto della ricostruzione dei rapporti fra gli Usa e la Russia nel periodo di Obama, ci racconta che Putin non va sottovalutato, anche nella minaccia del ricorso al nucleare. “Nessuno un tempo pensava che Putin avrebbe annesso la Crimea. L’ha fatto. La gente non riusciva credere ai dati evidenti quando ha saputo che Putin era intervenuto nelle nostre elezioni del 2016. Pochi avevano previsto il suo intervento in Siria nel 2015 e, solo una settimana fa, anche autorevoli commentatori dicevano che non avrebbe mai lanciato quest’invasione insensata. L’ha fatto”.
Nel contributo pubblicato sul Journal of Democracy, il diplomatico ha scritto che il presidente russo Vladimir Putin vuole, implicitamente, che ogni singolo cittadino attribuisca tutte le colpe alla NATO. Ha spesso affermato (anche in un discorso alla nazione all'inizio di questa invasione), che l'espansione della NATO - non i suoi 190.000 soldati e marinai mobilitati ai confini dell'Ucraina - è il motore centrale di questa crisi internazionale. Dopo il provocatorio Foreign Affairs 2014, in cui si sostiene che "la crisi ucraina è colpa dell'Occidente", la narrativa della reazione russa contro l'espansione della NATO è diventata un tema dominante per spiegare, se non giustificare, gli attacchi costanti di Mosca contro Kiev.
“Questa nozione – ricorda McFaul- è stata ripetuta, con troppa leggerezza, anche da politici, analisti e intellettuali negli Stati Uniti e in Europa. Molti ritengono che diverse fasi di allargamento occidentale hanno esacerbato il senso di insicurezza della Russia, mentre le forze della NATO si avvicinavano ai confini, provocando poi Putin a scagliarsi violentemente, prima con l’invasione della Georgia, nel 2008, poi con l'Ucraina, nel 2014, e ora un secondo, probabilmente molto più grande, attacco all’Ucraina stessa. Con questo racconto falsato, lo spettro dell'adesione dell'Ucraina alla NATO sembrerebbe la causa del conflitto più che la sua soluzione; secondo questo ragionamento, togliere l'adesione all'Ucraina, da parte dell’Occidente, salverebbe da ulteriori aggressioni e porterebbe la pace. Siamo sicuri che sia così?”.
McFaul ritiene imprecisa questa spiegazione. In primo luogo, a suo dire, perché l'espansione della NATO non è stata una costante fonte di tensione tra la Russia e l'Occidente, ma una variabile. Inoltre, negli ultimi trent'anni, l'importanza della questione è aumentata e diminuita non principalmente a causa delle ondate di espansione della NATO, ma soprattutto a causa delle ondate di espansione dell’Eurasia, di cui Putin ha il controllo, anche economico. In uno schema molto chiaro e preventivato, le lamentele di Mosca sulla NATO aumentano dopo le conquiste democratiche dei Paesi limitrofi. Per cui, a ben notare, le tragiche invasioni e occupazioni, prima della Georgia e poi dell'Ucraina, hanno assicurato a Putin un veto de facto sulle loro aspirazioni alla NATO. E allora, notando questo, possiamo forse ipotizzare che gli intenti russi sono ben diversi. Dice chiaramente McFaul: “Putin ha già bloccato l'espansione della NATO a tutti gli effetti, rivelando così di volere qualcosa di molto più significativo in Ucraina oggi: cioè la fine della democrazia e il ritorno della sottomissione totale”. L’ambasciatore tuttavia non è così pessimista, poiché fa sapere: “Non so quanto tempo ci vorrà e come andranno gli accordi di queste ore, ma di una cosa sono fiducioso. L’invasione di Putin, e il dissenso non tanto celato anche dei suoi consiglieri, potrebbe significare la fine del putinismo in Russia. Ci sono milioni di russi che ritengono questa guerra disgustosa e immorale. Va comunque aggiunto che, in questo momento, devono aumentare fermamente le sanzioni alla Bielorussia per contrastare l’appoggio”.
Intanto, con la chiusura di ieri della banca centrale russa, si sta già rivelando particolarmente pesante l’isolamento economico di Mosca. Guardando a questi effetti, la Cina resta ancor più alla finestra, perché di certo non può interrompere i tantissimi rapporti commerciali con l’Occidente, invischiandosi in una questione che si sta rivelando anche più complessa di quel che aveva ipotizzato Xi.