I dati

La grande fuga degli infermieri via dall’Italia, sono 10mila ogni anno: per mille pugliesi solo 5

Marisa Ingrosso

I numeri rilanciati da Gimbe descrivono una realtà critica: nel Sistema sanitario nazionale 1 infermiere su 4 è vicino alla pensione e si teme la gobba pensionistica con ulteriori pesanti uscite nei prossimi anni

Servono come l’aria, sono la cinghia di trasmissione per attivare ogni guarigione, eppure l’Italia non ha l’intelligenza di trattenere gli infermieri. Anzi, con guadagni inferiori agli altri Paesi europei, malessere professionale fino al burnout (sintomi che derivano da uno stato di stress lavorativo cronico e persistente; ndr) e violenze (260mila casi di aggressioni solo nel 2024), il nostro Paese perde 10.000 infermieri l’anno. Secondo i dati diffusi dalla Fondazione Gimbe, a fronte di una media nazionale già scarsa di 5,13 infermieri dipendenti per mille abitanti ci sono regioni, come la Puglia (4,66) che ne hanno addirittura di meno, mentre al top tra le regioni c’è la Liguria (7,01), con la Basilicata (5,16) e la Sardegna (5,25) che sono le uniche regioni del Mezzogiorno che superano la media-Italia.

I numeri rilanciati da Gimbe descrivono una realtà critica: nel Sistema sanitario nazionale 1 infermiere su 4 è vicino alla pensione e si teme la gobba pensionistica con ulteriori pesanti uscite nei prossimi anni; nel 2022, il personale infermieristico contava 302.841 unità, ed il confronto internazionale è impietoso: l’Italia conta 6,5 infermieri per 1.000 abitanti, contro la media Ocse di 9,8 e la media Eu di 9. In Europa peggio di noi solo Spagna (6,2), Polonia (5,7), Ungheria (5,5).

Gimbe chiede un «piano straordinario», altrimenti la riforma dell’assistenza territoriale, che richiede 20-27mila professionisti in più (infermieri di “famiglia” o di “comunità”), è destinata a naufragare.

«Il numero di infermieri dipendenti del Ssn (Sistema sanitario nazionale) che lasciano volontariamente il posto di lavoro - dice Gimbe - è in costante aumento dal 2016, con un’accelerazione significativa nel biennio pandemico 2020-2021 e una vera e propria impennata nel 2022. Solo nel triennio 2020-2022 hanno abbandonato il SSN 16.192 infermieri, di cui 6.651 nel solo 2022».

«Questo trend in continua ascesa – commenta il presidente Gimbe Nino Cartabellotta – non viene compensato dall’ingresso di nuove leve, aggravando la carenza di personale e l’insostenibilità dei carichi di lavoro, con un inevitabile effetto boomerang su chi rimane in servizio». Ancora più allarmante è il dato relativo alle cancellazioni dall’Albo Fnopi-Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, requisito essenziale per esercitare la professione: ben 42.713 infermieri si sono cancellati negli ultimi quattro anni, di cui 10.230 solo nel 2024. Le motivazioni sono diverse - pensionamenti, trasferimenti all’estero, decessi, morosità, abbandoni volontari della professione - e tutte concorrono a un bilancio “in rosso”: di fatto la professione infermieristica perde oltre 10 mila unità all’anno.

«Siamo di fronte a un quadro che compromette il funzionamento della sanità pubblica e mina l’equità nell’accesso alle cure, soprattutto per le persone anziane e più vulnerabili, sia in ambito ospedaliero che territoriale, dove gli investimenti del Pnrr rischiano di essere vanificati», afferma Cartabellotta. Un quadro critico cui si aggiunge la mancanza del contratto del comparto sanità, la cui trattativa è di fatto bloccata.

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