Sanità
Al Policlinico di Bari boom dei trapianti di cuore. Il chirurgo Tomaso Bottio: «Al Sud si lavora bene»
Dopo i tre in 24 ore, il quarto nella notte con un volo d’urgenza a Creta. «Ma pochi donatori e soprattutto poche segnalazioni di ospedali»
Non c’è tre senza quattro, si potrebbe dire. Dopo i tre trapianti di cuore in 24 ore di cui abbiamo parlato ieri in queste pagine, è stato eseguito il quarto: una vera e propria maratona al Policlinico di Bari per l’équipe cardiochirurgica dell’Unità Operativa diretta dal professor Tomaso Bottio.
«Ne abbiamo fatti 9 dall’inizio dell’anno e ripeto queste cifre con grande spirito di orgoglio, sottolineando l’ottimo lavoro di tutti coloro che mi circondano», sottolinea Bottio, il cardiochirurgo arrivato da Padova al Sud e «felicemente» – racconta – residente a Santo Spirito, tra cielo e mare, «anche se ho poco tempo per godermi tutto, visto che si arriva a casa distrutti».
L’altra notte, il quarto espianto da eseguire a Creta con grande urgenza, dopo quelli delle ore precedenti a Milano, Torino e Bari.
«E ne avremmo anche fatto un altro ancora, visto che c’era un cuore disponibile a Malta ma poi non si è riusciti a coordinare i tempi». Insomma, medici in prima linea, una vita da film con partenze su un volo privato che viene organizzato ad hoc con una compagnia convenzionata e che significa corse, interventi e rientro, senza perdere un attimo.
Professor Tomaso Bottio, ci racconti un po’ come avviene questa vita di corsa: voli, organi in «valigetta» e vite salvate.
«Ho un’esperienza trentennale e devo dire che amo il mio lavoro. Nell’attribuzione degli organi, nulla è casuale, perché tutto risponde ad una logica precisa, con i pazienti iscritti nelle liste, nei 14 Centri Trapianto che esistono in Italia (in Lombardia ce ne sono tre, in Veneto due e nel Lazio due di cui uno pediatrico, in Puglia uno). Ogni Centro mette nella propria lista il paziente meritevole di trapianto cardiaco e di qui i nomi sono inseriti in un data-set nazionale. Con il visto ministeriale, si predispone una graduatoria che riguarda le condizioni ed è da quella lista che il Centro Nazionale Trapianti segnala al centro regionale. Per esempio, l’espianto effettuato l’altro giorno a Bari è avvenuto in condizioni di urgenza perché il paziente era grave e quindi il Centro Nazionale si è rivolto alla Puglia. Oppure, altro esempio, a Creta siamo andati perché il gruppo sanguigno del paziente era raro e la Grecia l’ha offerto in eccedenza».
E quindi si parte anche in piena notte…
«Sì, il Centro regionale organizza il viaggio e spesso noi andiamo fuori regione. Parte uno specialista strutturato insieme ad uno specializzando, l’organo viene da loro prelevato e portato qui a Bari. Io sono stato abituato a fare l’espianto e poi ad impiantare io stesso, perché considero che sia meglio così e devo dire che la mia équipe sta facendo un ottimo lavoro da tutti i punti di vista. Ho trovato in sede ottimi professionisti e le faccio un esempio, il dott. Giovannico ha 32 anni e alla sua giovane età ha già fatto credo 12-13 trapianti, che è davvero eccezionale. Mi chiedeva i nomi di tutta l’équipe e mi fa piacere nominarli: Nicola Di Bari, Concetta Losito, Massimo Padalino, Lorenzo Giovannico, Giuseppe Fischetti, Luca Savino e Domenico Parigino, più vari anestesisti come Giuseppe Fiore e Marilina Villani. Ma, nomi a parte, ho trovato grande professionalità. Non siamo partiti a spron battuto, ma pian pianino stiamo raggiungendo ottimi livelli; a marzo avremo l’arrivo di un altro medico pugliese dal Niguarda; poi assumeranno un cardiochirurgo pediatrico; e altre tre persone entro il 2025, oltre a 16 infermieri e 14 operatori. Lavoriamo tantissimo e per passione, non certo per i soldi: le dico che fare gli straordinari significa avere come corrispettivo 29 euro lordi all’ora… non so se mi spiego. Ma la soddisfazione è amare questo lavoro».
Lei è arrivato a Bari da Padova, che idea si è fatto del Sud?
«C’è una maggiore apertura al colloquio, molto più che in Veneto. La volontà di migliorare e di imparare è più spiccata, soprattutto vedo che c’è davvero la predisposizione a credere nel lavoro che si fa. E sono felice di dire che se l’anno scorso 18 persone sono venute da fuori regione ad operarsi per il trapianto di cuore in Puglia, questo è un risultato di tutti».
In genere si dice che sia meglio la sanità al Nord. E come mai ha deciso di lasciare tutto e trasferirsi qui?
«Ho deciso di venire in Puglia perché qui c’era l’opportunità di lavorare e di farlo in autonomia. Quando si vogliono esprimere potenzialità e si viene limitati, o si viene limitati nell’autonomia, è chiaro che la sfida è cercare altrove. Qui trovo una grande apertura anche nell’amministrazione. A Bari, il precedente direttore Aldo Milano era in procinto di andare in pensione e aveva già avviato un buon lavoro. Da tre anni ci sono io e questa esperienza mi sta gratificando molto».
Le donazioni però sono di più al Nord, vero?
«Noi potremmo arrivare ad essere i top player d’Europa e invece… i donatori, sì, sono più al Nord, perché la macroaerea Sud ne ha molti di meno e la Puglia in particolare è al quartultimo posto. Ma il problema vero è anche quello delle segnalazioni da parte degli ospedali. Quelle mancano. Ed è un peccato».