il punto
Giorgia è ben salda in sella ma nelle due ore di conferenza non c’è traccia del Sud
Il sorteggio dei giornalisti autorizzati a porre domande tiene fuori quasi tutti i giornali del Mezzogiorno, nessuno così si preoccupa di quella che la stessa Meloni pochi giorni fa ha definito la locomotiva dell’Italia, mentre c’è spazio per le formiche
Non abbiamo certezze su una vicenda fondamentale per i destini dell’Italia, ovvero se la premier Meloni schiaccia le formiche quando cammina (unica delle 41 domande fattele ieri nella conferenza stampa di inizio anno a trovarla sorprendentemente divertita e impreparata, domanda che denota certe forme di degrado al quale è arrivata la professione giornalistica). Ma sul resto, che poco non è, arriva la conferma che a Palazzo Chigi siede una persona preparata, e che si prepara quando è necessario, dalle idee politiche chiare - condivisibili o meno- e con un programma ben definito, a partire dal premierato da coniugare con un nuovo sistema elettorale con ben scolpito il limite dei due mandati, limite che ispira il «no» secco alle aspirazioni di ricandidatura dei governatori De Luca, Zaia e Emiliano.
Non ha la sindrome dell’assedio Giorgia Meloni che pur tuttavia non può non guardare agli accertamenti annunciati (e mai confermati) sulla sorella Arianna mentre preferisce tacere sui guai provocati da certe infelici uscite di chi la sostiene e la affianca anche al Governo, concedendo all’alleato Salvini l’identikit del ministro dell’interno, con le aspirazioni bloccate unicamente dall’ottimo lavoro fatto dall’attuale inquilino del Viminale, Matteo Piantedosi, allontanando così ogni ipotesi di rimpasto.
Il giorno dopo la liberazione dí Cecilia Sala, sarebbe lecito attendersi toni e parole trionfanti ma, a parte una concessione all’emozione quando la premier cita la telefonata ai genitori della giornalista per annunciare la buona notizia, ci sono unicamente i ringraziamenti per tutti gli apparati dello Stato che hanno consentito il ritorno in Italia della Sala, apparati sapientemente coordinati dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, ieri seduto in prima fila con il ministro Carlo Nordio, e la guardia ancora alta per gli altri 500 italiani che si trovano in Iran.
C’è tanta politica estera nelle risposte della Meloni ed è la diretta conseguenza delle domande dei giornalisti su Musk e dintorni. Meloni non rinnega il rapporto con mister X e anzi lo difende rispetto alle ingerenze sul social network («tutti possono scrivere quello che vogliono») e sulla vita degli Stati, e torna a denunciare invece gli episodi del passato con l’Italia vittima di pressioni e condizionamenti esteri. Dopodiché dice Meloni, rispondendo all’ennesima domanda sui presunti affari con Musk, il problema di garantire comunicazioni riservate alle forze armate e alle forze di polizia esiste e va risolto anche vagliando l’offerta di Musk ove necessario.
Morale della favola: Meloni è più che mai salda in sella, padrona dei dossier, leader del centrodestra malgrado le ricorrenti voci sulla discesa in campo di un Berlusconi (ieri alla domanda su PierSilvio ha risposto con un sorriso a metà tra il divertito e lo stizzito), conscia che al giro di boa della legislatura sta arrivando il momento in cui i suoi elettori chiederanno conto e promesse elettorali disattese a causa della pesante eredità del Superbonus. Non è preoccupata della discesa in campo di Ruffini («è un problema di qualcun altra» dice, riferendosi a Elly Schlein, aggiungendo che chi come Ruffini si è occupato di tasse non è propriamente uno popolare).
Manca nelle due ore di conferenza stampa il Sud. Il sorteggio dei giornalisti autorizzati a porre domande tiene fuori quasi tutti i giornali del Mezzogiorno, nessuno così si preoccupa di quella che la stessa Meloni pochi giorni fa ha definito la locomotiva dell’Italia mentre c’è spazio per le formiche. Un’altra occasione persa dall’informazione per dimostrare serietà e professionalità.