arte
La missione di Tanikawa? Ricostruire la poesia
I versi che compongono l’opera sono arrivati nelle mani attente dell’editore pugliese Stefano Donno. Si possono leggere come una storia e raccontano la vita del poeta e della sua terza moglie
Trentasei poesie possono salvare il mondo, le ha scritte Tanikawa Shuntaro (1931-2024) – considerato l’iniziatore ed il maggiore esponente della poesia giapponese moderna, acclamato in patria come nel resto del mondo – che oggi possiamo leggere in italiano grazie al paziente lavoro di un traduttore illuminato, il pugliese Diego Martina, che vive a Tokyo (dove lavora come Lettore all’Università delle Lingue Straniere) e che ha curato l’edizione italiana della raccolta di poesie “Alla donna” pubblicata da pochi mesi dalla casa editrice salentina I Quaderni del Bardo e che profuma di immortalità con i suoi versi asciutti e caldi di vita nella Collana di Poesia curata da Mauro Marino. Le poesie che compongono quest’opera (il cui titolo originale è “Onna ni”), prima di arrivare nelle mani attente dell’editore Stefano Donno, sono comparse inizialmente sul Magazine House di Tokyo, ovvero un quotidiano locale che nel 1991 le accolse. Si possono leggere come una storia e di fatto raccontano le vite del poeta e della sua terza moglie, Sano Yoko (1938-2010), attraverso una realtà quotidiana snudata dalla vita domestica che lampeggia e si lascia estrarre da una penna impudica. La vera trasgressione di questi versi non è quell’immaginario desiderante che si fa parola nella ricerca poetica di Shuntaro, bensì quel chiaro riferimento al vissuto che ridefinisce l’amore – sottolineando il senso del “kairodoketsu” giapponese: vivere e invecchiare insieme - e predomina così sulla tentazione di astrarsi nella camera d’eco onirica considerata, tuttavia, la sua inconfondibile cifra stilistica. Malgrado sia “parecchio semplice” o “soto tanjun”, per definizione dello stesso Tanikawa Shuntaro, “Alla donna” riluce con la sua carrellata di momenti, come nella poesia intitolata “Nascondino”: “Un solo albero/ ti nascondeva a me./ Sul punto di gridare “Sono pronta!” hai esitato,/ sapendo di dover aspettare più a lungo me/ che a occhi chiusi stavo ancora contando.” Per il curatore del libro, Diego Martina – che ha anche realizzato il disegno “Gli amanti” (in copertina), “Unica licenza concessa è la dimensione marcatamente onirica delle poesie a introduzione e conclusione della raccolta, che consentono al lettore di sbirciare il non-tempo ora antecedente alla nascita dei due innamorati, ora successivo alla loro morte, espandendo la storia d’amore oltre i confini fisici della materia”.
Lei vive a Tokyo da molti anni, come ha conosciuto il poeta Tanikawa Shuntaro?
«È entrato nella mia vita quando ero uno studente dell’Università delle Lingue Straniere di Tokyo, era aprile, nel 2008, ero appena arrivato con una Borsa di Studio e cercavo di avvicinare la poesia giapponese che risultava ostica. In una libreria chiesi un consiglio di lettura per iniziare a districarmi in questo nuovo mondo. Trovai uno scaffale pieno delle sue opere, ricordo in particolare un titolo di Tanikawa Shuntaro, “Una solitudine di due miliardi di anni luce”, che portai via con me aspettandomi una poesia crepuscolare e invece trovai versi cristallini. Più leggevo quelle poesie e più le sentivo vive, mi trasmettevano quel moto poetico apollineo che non trovavo da molto tempo».
In cosa si differenziavano dalla poesia occidentale?
«Noi europei siamo stati fin troppo affascinati da un certo tipo di poesia che ci ha quasi traviati, quella rimbaudiana per esempio, che ci ha spostati su un terreno d’astrazione, mentre Tanikawa Shuntaro poetizza il quotidiano. Me ne innamorai e decisi di trattarlo come argomento di studio, poi tradussi la sua prima raccolta di poesie in italiano».
Oltre a tradurre le sue opere, lei ha incontrato il poeta, cosa ricorda di quel momento?
«Lo incontrai nel settembre del 2009, fui ricevuto nella sua casa di Tokyo dove mi accolse per quasi tre ore, ricordo tutto di quel pomeriggio lunghissimo, lo intervistai scrupolosamente cercando di chiedergli il più possibile perché avevo davanti un poeta straordinario che rispettavo, stimavo e amavo, non rientrava in nessuna delle categorie sino a quel momento da me approfondite in campo poetico».
Come vive un traduttore italiano nel Giappone contemporaneo? C’è spazio oggi per la poesia?
«Dietro la forza di Tokyo si nasconde un cuore poetico delicato e che negli angoli più impensabili sa darti la poesia, bisogna farla propria e il problema sono i ritmi frenetici come nel resto del mondo. Per vivere la poesia del quotidiano, metto in gioco tutto. La poesia ci insegna a vivere la vita godendone. Tanikawa è venuto a mancare un anno fa, non ho più Maestri intorno, non trovare sue nuove pubblicazioni sugli scaffali è stato un duro colpo all’inizio, però lui ha scritto talmente tanto che è impossibile averlo letto tutto. Quindi io la poesia la vivo anche così: raccogliendola in continuazione negli antri sconosciuti».