Icaro
Le sanzioni tra luci e ombre: un saggio sul tema
L’Occidente liberale è riuscito nella difficile impresa di consegnare Mosca e Nuova Delhi a Pechino, contro cui oltretutto progetta di voler combattere (sic), così come spinse Roma verso Berlino quasi un secolo fa
Intervistato dal New York Times, il ministro fascista degli Scambi e delle Valute, Felice Guarneri, affermò che le sanzioni «pur avendomi fatto passare notti insonni, sono la cosa migliore che sia mai capitata all’Italia». Mentiva, naturalmente. E tuttavia quella dell’aggressione economica al regime di Mussolini, all’alba della conquista dell’Etiopia (1935), è una storia che merita di essere conosciuta per comprendere meglio l’oggi. E soprattutto per capire come funziona davvero quella che Nicholas Mulder, docente di Storia Moderna alla Cornell University, definisce l’Arma economica, come da titolo del suo prezioso saggio pubblicato da Einaudi con postfazione italiana.
Il volume è una storia delle sanzioni, intese in senso squisitamente moderno, a partire dal primo conflitto mondiale, quando Francia e Gran Bretagna scatenarono una guerra economica senza precedenti contro gli imperi (tedesco, ottomano e austro-ungarico) con tanto di ministeri dedicati ai blocchi e comitati internazionali incaricati di interrompere i flussi di merci ed energia. Il risultato fu un’ecatombe: decine di migliaia di persone morirono di fame o malattia, la società civile delle potenze sanzionate fu totalmente disarticolata. Era nato un nuovo e formidabile strumento di aggressione – “qualcosa di più tremendo della guerra”, dirà Wilson - che verrà messo a punto nei tre decenni successivi, gli stessi analizzati nel libro, rimbalzando dalla Società delle Nazioni fino all’Onu, con esiti però altalenanti. Il primo campanello d’allarme scattò proprio all’esordio dell’applicazione delle sanzioni contro l’Italia subito dopo l’invasione dell’Etiopia. Gli errori furono sostanzialmente due: il tipo di misure applicate e la sottovalutazione dei loro effetti. Innanzitutto, ci si concentrò sulla finanza piuttosto che sulle risorse. Quindi embargo sulle armi e sulle importazioni, divieto di esportazione di beni specifici, congelamenti finanziari. Una strategia, però, che non teneva conto della torsione autarchica che l’Italia aveva già assunto per far fronte alle ripercussioni della guerra, cominciando a lavorare su fibre e carburanti sintetici, nonché procedendo alla nazionalizzazione della Banca d’Italia. Fu una batosta, certo, ma sopportabile. Fatale invece sarebbero stati l’embargo sul petrolio e l’interdizione del Canale di Suez ma niente di tutto questo si concretizzò. Ancora, le sanzioni ebbero l’effetto di spingere l’Italia fascista verso la Germania nazista, che non aveva aderito al blocco, moltiplicando l’importazione di carbone e soprattutto iniziando a stabilire le basi di un’intesa. Alla luce dell’esperienza italiana, Berlino, ma anche Tokyo, si resero conto che la trappola si sarebbe abbattuta anche su di loro, spingendole verso economie di autoproduzione e soprattutto facendo maturare la convinzione che, per sfuggire all’arma economica, fosse necessario espandersi, inglobando risorse e territori. Insomma, come scrisse lo storico A.J.P. Taylor le sanzioni non solo furono un fiasco totale ma plasmarono l’orientamento autarchico del futuro Asse, moltiplicandone la logica bellicista.
Al tempo si cominciò a sospettare, a ragione, che i blocchi funzionassero contro piccoli Stati (Jugoslavia, Grecia, Turchia) ma non contro grandi o medio-grandi potenze militari. Più di questo, però, non si comprese. E le sanzioni, diventate nei decenni uno strumento di routine, hanno continuato a replicare in serie i medesimi errori con una stupidità sorprendente perché stupido, a conti fatti, è l’Occidente liberale che le manovra. Lo stesso convinto di piegare la Russia di Putin in pochi mesi e soprattutto - confondendo il proprio ombelico con il mondo - di isolarla costringendola alla resa. E invece Mosca ha resistito, più che brillantemente, e le è bastato guardare verso est per trovare un interlocutore, la Cina, capace di compensare le perdite economiche a ovest. Lo stesso alla cui porta anche l’India, colpita dai dazi trumpiani, sta iniziando a bussare dopo anni di ostilità. L’Occidente liberale è riuscito nella difficile impresa di consegnare Mosca e Nuova Delhi a Pechino, contro cui oltretutto progetta di voler combattere (sic), così come spinse Roma verso Berlino quasi un secolo fa. Non c’è niente da fare, ieri come oggi. Puoi inventare l’arma più efficace della storia ma se a manovrarla è un cretino i risultati sono questi.