il libro
Joker Scatenato. Il lato oscuro della comicità nel saggio di Vitiello
Pungente, raffinata, dissacrante, grottesca, cinica: la comicità può esibire mille volti
Nella cultura occidentale, fin dall’Antica Roma, la satira, la comicità, l’ironia e l’umorismo hanno rappresentato strumenti di analisi e di critica della società e del potere. Pungente, raffinata, dissacrante, grottesca, cinica: la comicità può esibire mille volti, dimostrando una versatilità e un’efficacia che poche altre forme espressive hanno. Ma nel tempo presente, quale ruolo essa ha o dovrebbe avere? Ed è possibile anche parlare di lato oscuro della comicità? Di questi temi si è occupato Guido Vitiello nel suo ultimo, prezioso volume, dal titolo Joker scatenato. Il lato oscuro della comicità (Feltrinelli).
Guido Vitiello, se è vero che il buffone, storicamente, ha sempre rappresentato, con sagacia, la bocca della verità, riuscendo a dire al re quello che nessun altro si sarebbe potuto concedere di dire, è anche vero che i ruoli del re e del buffone non si sono mai rovesciati. Questo, invece, sembra essere accaduto in tempi recenti. È così? E se è così, come lo si può spiegare?
«Fino al secolo scorso il re e il buffone si erano scambiati di ruolo solo sulla scena teatrale, o al limite nel mondo alla rovescia delle feste carnevalesche. Era un gioco ben distinto dalla realtà. È solo nei primi decenni del Novecento che i confini tra le loro carriere cominciano a confondersi, fino all’approdo attuale in cui i presidenti fanno i giullari e i comici lanciano carriere politiche. La spiegazione che mi do è legata alla particolare condizione della nostra “società del divertimento”, che ha reso il carnevale da un lato superfluo, dall’altro onnipresente. Viviamo in un carnevale perpetuo, e nella logica del carnevale non c’è niente di più naturale di un buffone incoronato re. O di un presidente che dà il quotidiano spettacolo della follia, come Trump».
Sulla copertina del suo libro campeggia un Joker graficamente (e significativamente) reso senza nessun elemento sul viso, se non il suo beffardo e tragicomico sorriso. Joker, personaggio che oscilla tra genialità, terrore e ironia, cosa ci dice nel (e del) tempo presente?
«Joker è la guida a cui mi sono affidato per attraversare questo inferno ridanciano. Non è solo nemico di Batman, ne è anche la perfetta antitesi: al pipistrello cupo e notturno fa da contraltare l’istrione variopinto ed esuberante. Per me rappresenta la piega maligna che ha preso l’umorismo nelle nostre società: un sorriso sarcastico che sembra una cicatrice sghemba e terrificante. Oggi la risata è terreno di lotta e arma letale. Ci siamo cullati a lungo nell’illusione che la comicità fosse uno strumento per metterci tutti d’accordo e disinnescare i conflitti. Era la grande promessa della televisione generalista. Le risate registrate delle sitcom suggerivano l’immagine di una società in cui si poteva ridere tutti contemporaneamente per le stesse cose. E l’umorismo salottiero dei late show, dove i politici andavano a mostrare il loro volto scherzoso, ci induceva a concludere che nessun conflitto era così aspro da impedire che la sera gli antagonisti si divertissero insieme. Ebbene, il Joker dei film di Todd Phillips, quello interpretato da Joaquin Phoenix, compie un attentato in diretta televisiva proprio contro il conduttore di un late show. La stagione del consenso umoristico è ormai alle nostre spalle, e quel colpo di pistola è un piccolo attentato di Sarajevo».
Nelle pagine del suo libro la stand-up comedy viene utilizzata per leggere alcune performance di leader politici di caratura internazionale. Questa sorta di “commedizzazione” della politica rende maggiormente manifesto lo spettacolo del potere o tende a enfatizzare il potere dello spettacolo?
«Mi ricorda il vecchio dilemma che si poneva negli anni Trenta Walter Benjamin: estetizzazione della politica o politicizzazione dell’arte? Per quanto si sforzasse di distinguerle, erano pur sempre combinazioni dei due stessi fattori. Lo stesso vale per il rapporto tra potere e spettacolo, o tra potere e comicità. Siamo immersi in un pentolone in cui i due ingredienti sono così ben mescolati da produrre un terzo sapore inconfondibile, ed è difficile capire quale nota prevalga, se la politica o l’intrattenimento. Il problema è che sotto il pentolone le fiamme si fanno sempre più alte».