icaro

Francis Bacon, così crudo così umano

Rossella Cea

Distaccarsi dal reale per un artista che stia per scrivere la storia significa rappresentare il moderno del suo tempo e quello che verrà

Distaccarsi dal reale per un artista che stia per scrivere la storia significa rappresentare il moderno del suo tempo e quello che verrà. Distorta e inquietante, ricca di simboli, significati nascosti e disarmanti relazioni, l’arte di Francis Bacon, il celebre artista
irlandese, che la National Portrait Gallery di Londra celebra oggi con una grande retrospettiva, visitabile fino al 19 gennaio 2025. Human Presence presenta oltre 50 opere provenienti da collezioni private e pubbliche di tutto il mondo. Ritratti e dipinti di grandi dimensioni dedicati ad amori perduti, alla storia della vita dell’artista e alle persone a lui più vicine.

«Voglio dare una sensazione, ma non la noia di comunicarla». Sosteneva Bacon in linea con il pensiero del filosofo Valéry.
Il padre Anthony era un militare tutto d’un pezzo, tra i suoi antenati Francesco Bacone (capostipite del cosiddetto empirismo moderno). Ma il destino di Francis sembrava non essere quello di seguire glorie filosofiche, e nemmeno militari. Con grossi problemi di salute e consapevole della sua omosessualità va via di casa incontro ad un mondo ostile, ma ricco di suggestioni feconde. Lo attrae la vita reale con il suo crudele appeal. Londra, Parigi, Berlino, negli anni 1926, ‘27 inizia il suo viaggio verso la consapevolezza del voler fare arte. Lavora come stenografo, commesso, domestico, cuoco. Tutto è vita ed esperienza utile.

L’illuminazione arriva a Parigi, nell’ incontro con l’opera di Picasso. Ne resterà profondamente affascinato. Nasce così il pittore di cui un giorno avrebbero venduto le opere per milioni di dollari. Il cubismo aveva sfondato porte ancora chiuse nel suo
immaginario creativo, aggiungendovi forme peculiari, stilemi, sfumature che della realtà restituivano non tanto il suo essere visibile, quanto il suo inquietante interrogarsi.
La pittura di Bacon propone un modello nuovo, vicino alla nascente arte fotografica e cinematografica. La figura ha cessato di essere fissa, non più pietrificata in posture stereotipate, diventando dinamica, convulsa, animalesca. Bacon studia gli scatti in
movimento del fotografo americano Eadwead Muybridge e vi traspone tutta la carica viscerale e inquietante della condizione dis-umana tra le due guerre. Da qui anche le diverse interpretazioni psicoanalitiche delle sue opere, che derivano dalle nascenti discipline junghiane.
Nella pienezza dell’immagine in movimento l’attenzione di Bacon va alla distorsione prospettica, a quella luce che sembra modificarla attraverso il pensiero umano e le sue emozioni. Il semplice ritratto non basta più ad un’epoca tormentata di profonde trasformazioni. Ora bisogna vederlo nella trasposizione del suo « non essere» e l’artista, più che descrivere, ha il prezioso compito di impressionare, facendo riflettere chi guarda.

Nel suo più famoso Autoritratto del 1969, la distorsione della propria figura, che sembra trasformarsi in una bestia, perdendosi nell’annientamento di ogni riferimento con il reale, ci mostra la vera fisionomia dell’autore. Quella di un’anima consapevole. È qui che l’arte compie il suo miracolo estremo, restituendo alla percezione ciò che si nasconde dietro
l’apparenza. Il vero volto di un uomo( e di noi tutti) fatto di sofferenza, di ombre e di luci.

Privacy Policy Cookie Policy