Dopo la proposta di Van Basten

Un calcio al fuorigioco non c'è solo lo spettacolo

di G. Flavio Campanella

Il tecnico del Rennes, Christian Gourcuff, ritiene l'abolizione del fuorigioco una «connerie». Detto con la proverbiale eleganza francese, apparirebbe un complimento. I signori inglesi dell'International Board la definirebbero, traducendo, «bullshit», e non è detto che non lo abbiano già fatto. In italiano, «stronzata» è il termine più aderente per comprendere quale sia la reazione prevalente rispetto alla proposta di riforma più dirompente tra quelle avanzate da Marco Van Basten.

Cambiare le regole è sempre stato complicato. Vale in politica, in economia, figuriamoci nel calcio, il gioco più serio che ci sia. Mentre si discute, ad esempio, sull'opportunità di riconsiderare la cosiddetta tripla sanzione (rigore, espulsione e conseguente squalifica) nell'eventualità di fallo in area da ultimo uomo su una chiara occasione da gol, non è stata mai apprezzata troppo l'innovazione che dal 1998 impedisce ai portieri di toccare con le mani la palla in caso di retropassaggio volontario. A dimostrazione di come progredire non significhi necessariamente stravolgere.

E però, visto che Arsene Wenger, francese, tra i migliori tecnici in circolazione, sostiene che l'offside sia «una regola intelligente» perché «la difesa crea un problema, l’attacco fornisce una soluzione e la difesa crea un nuovo problema per l’attacco»; e Capello dice che «non è pensabile abolire il fuorigioco: le squadre si allungherebbero troppo, non ne beneficerebbe lo spettacolo», una riflessione va fatta dopo le dichiarazioni di uno dei calciatori più talentuosi del secolo scorso, tra i migliori centravanti di sempre.

È stato proprio il fuorigioco, tra i pilastri del regolamento sin dalla originaria stesura, a smuovere nel 1990 un immobilismo durato un secolo («l'attaccante in linea col penultimo difensore è in posizione regolare», mentre prima non lo era), con l'obiettivo appunto di favorire il gioco d'attacco e quindi la realizzazione di gol. Ma, in realtà, il nocciolo della questione non è (non deve essere) la mera spettacolarizzazione (la storia ha dimostrato che l'evoluzione tecnico-tattica si è sempre adeguata ai cambiamenti, anche regolamentari), ma la salvaguardia dell'uniformità di giudizio, la riduzione della discrezionalità arbitrale, la ricerca degli strumenti che possano ridurre al minimo gli errori dei direttori di gara, con conseguente abbattimento di proteste e polemiche, visto che per il resto è fondamentalmente la qualità dei giocatori a fare la differenza nella ricerca spasmodica del divertimento.

La nuova frontiera, per far combaciare le esigenze, sarebbe la moviola in campo, che molti, ancorché in disaccordo con le modifiche sostanziali e ancor più con l'eliminazione dell'offside, vorrebbero utilizzare proprio per rilevare il fuorigioco, cioè per stabilire se un attaccante sia oppure non sia in posizione irregolare in una casistica, che soprattutto gli arbitri sanno quanto sia ampia, resa assai complessa dai «cosiddetti» casi attivi.

Di sicuro, finora si è fatto il possibile, forse il massimo, per attualizzare, cercando di non snaturarla, la regola numero 12 del calcio, in modo da favorire il raggiungimento di un più elevato numero di reti. L'obiettivo è forse stato centrato? E la moviola in campo migliorerebbe lo scenario? O forse ha ragione Van Basten con la sua semplificazione? In attesa di eventuali elaborazioni e sperimentazioni, sarebbe interessante chiedere agli allenatori più in voga non se (e perché) sono d'accordo con l'abolizione del fuorigioco, ma come si comporterebbero se fosse eliminato. Le rivoluzioni incutono timore. Figuriamoci nel gioco più serio che ci sia.

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