Matera: Chitaridd, l'ultimo bandito, un mito anche da morto
di Emilio Salierno
MATERA - Il brigante Eustachio Chita, detto Chitaridd, nacque a Matera nel 1862. La Polizia non riuscì mai a catturarlo, furono invece alcuni parenti, con l'inganno, ad ucciderlo con un colpo d'ascia sulla fronte. I suoi resti mortali, con alcuni documenti, furono mandati a Torino da Cesare Lombroso, sostenitore della tesi secondo cui i tratti della personalità criminale sono determinati da anomalie somatiche. Nei giorni scorsi, la notizia su «La Stampa» che non c'è più traccia delle spoglie.
Ossa o no, nei Sassi il brigante resta un mito. Ilaria Dragonetti vende le magliette nere con l'unica immagine esistente di Chita, che con orgoglio indossano i ragazzi del comitato di Vico Solitario. Il Club Velico di Policoro e i motociclisti degli Indian Bikers ne hanno fatto incetta. Proprio il comitato che ha sede negli antichi rioni, un anno fa, raccolse mille firme per riavere quei resti che i piemontesi chissà dove hanno fatto finire.
L'attore e regista lucano Ulderico Pesce è il primo firmatario della petizione, sostenuta anche dal vicesindaco Saverio Acito.
«Esiste un turismo dell'insorgenza molto forte in Italia - dice Pesce - che fa muovere addirittura 1 milione di persone per conoscere i luoghi legati ai personaggi della storia locale. In Basilicata abbiamo molti di questi posti, ad esempio nel Vulture con Carmine Crocco, a Savoia di Lucania con Passanante, a Matera con Chitaridd. Ignorare queste opportunità significa non rendersi conto di una possibilità reddituale e nello stesso tempo non avere la capacità di intercettare risorse turistiche e culturali. La storia di Chitaridd, con le dovute distinzioni, è un po' come quella di Passannante. Non a caso, con gli amici di Matera del comitato di Vico Solitario stiamo pensando di far rivivere una delle grotte dove si rifugiava Chita e proporre eventi spettacolari da valutare con gli amministratori comunali. Vorremmo anche allestire un ambiente rurale che possa accogliere testimonianze del brigante». E l'inghippo delle spoglie di Chita che non si troverebbero più? «Per me non è una novità. So di questa cosa da un anno. Ne parlò la Gazzetta, e subito dopo, tramite il vicepresidente della Regione Piemonte, di origine lucana, seppi che nel museo Lombroso c'era solo una cartella semivuota. Spero che il sindaco Buccio possa ora riceverci per parlare seriamente delle nostre proposte».
Michele Chita è uno dei parenti del brigante, quarta generazione della famiglia:
«Almeno facessero arrivare la documentazione che arrivò a Torino insieme alle ossa. Magari si può cercare di capire come sono andate esattamente le vicende del mio parente, che in effetti non subì mai una condanna». E la sua grotta? «È in contrada Murgecchia, all'interno della proprietà della famiglia Carenza. È particolare rispetto ad altre perchè ha un ingresso dallo jazzo rupestre e un altro sulla Gravina, così da consentire comunque una via di fuga se lo avessero rintracciato. È uno dei suoi tanti rifugi, dove però fu ucciso. Certo, quel luogo potrebbe essere inserito in un itinerario che lega più elementi, da quello ambientale sino allo storiografico. Credo sia un bel percorso, lo dico con cognizione giacché sono una guida turistica».
Il comitato di Vico Solitario, intanto, con Pippo Lospalluto, lancia alcune proposte: «Una tabella commemorativa di Chitaridd nel cimitero comunale e uno spazio divulgativo nel Museo Ridola».
MATERA - Il brigante Eustachio Chita, detto Chitaridd, nacque a Matera nel 1862. La Polizia non riuscì mai a catturarlo, furono invece alcuni parenti, con l'inganno, ad ucciderlo con un colpo d'ascia sulla fronte. I suoi resti mortali, con alcuni documenti, furono mandati a Torino da Cesare Lombroso, sostenitore della tesi secondo cui i tratti della personalità criminale sono determinati da anomalie somatiche. Nei giorni scorsi, la notizia su «La Stampa» che non c'è più traccia delle spoglie.
Ossa o no, nei Sassi il brigante resta un mito. Ilaria Dragonetti vende le magliette nere con l'unica immagine esistente di Chita, che con orgoglio indossano i ragazzi del comitato di Vico Solitario. Il Club Velico di Policoro e i motociclisti degli Indian Bikers ne hanno fatto incetta. Proprio il comitato che ha sede negli antichi rioni, un anno fa, raccolse mille firme per riavere quei resti che i piemontesi chissà dove hanno fatto finire.
L'attore e regista lucano Ulderico Pesce è il primo firmatario della petizione, sostenuta anche dal vicesindaco Saverio Acito.
«Esiste un turismo dell'insorgenza molto forte in Italia - dice Pesce - che fa muovere addirittura 1 milione di persone per conoscere i luoghi legati ai personaggi della storia locale. In Basilicata abbiamo molti di questi posti, ad esempio nel Vulture con Carmine Crocco, a Savoia di Lucania con Passanante, a Matera con Chitaridd. Ignorare queste opportunità significa non rendersi conto di una possibilità reddituale e nello stesso tempo non avere la capacità di intercettare risorse turistiche e culturali. La storia di Chitaridd, con le dovute distinzioni, è un po' come quella di Passannante. Non a caso, con gli amici di Matera del comitato di Vico Solitario stiamo pensando di far rivivere una delle grotte dove si rifugiava Chita e proporre eventi spettacolari da valutare con gli amministratori comunali. Vorremmo anche allestire un ambiente rurale che possa accogliere testimonianze del brigante». E l'inghippo delle spoglie di Chita che non si troverebbero più? «Per me non è una novità. So di questa cosa da un anno. Ne parlò la Gazzetta, e subito dopo, tramite il vicepresidente della Regione Piemonte, di origine lucana, seppi che nel museo Lombroso c'era solo una cartella semivuota. Spero che il sindaco Buccio possa ora riceverci per parlare seriamente delle nostre proposte».
Michele Chita è uno dei parenti del brigante, quarta generazione della famiglia:
«Almeno facessero arrivare la documentazione che arrivò a Torino insieme alle ossa. Magari si può cercare di capire come sono andate esattamente le vicende del mio parente, che in effetti non subì mai una condanna». E la sua grotta? «È in contrada Murgecchia, all'interno della proprietà della famiglia Carenza. È particolare rispetto ad altre perchè ha un ingresso dallo jazzo rupestre e un altro sulla Gravina, così da consentire comunque una via di fuga se lo avessero rintracciato. È uno dei suoi tanti rifugi, dove però fu ucciso. Certo, quel luogo potrebbe essere inserito in un itinerario che lega più elementi, da quello ambientale sino allo storiografico. Credo sia un bel percorso, lo dico con cognizione giacché sono una guida turistica».
Il comitato di Vico Solitario, intanto, con Pippo Lospalluto, lancia alcune proposte: «Una tabella commemorativa di Chitaridd nel cimitero comunale e uno spazio divulgativo nel Museo Ridola».