l'iracheno bloccato in centro
Bari e il «giro» dei passaporti per terroristi: prime ammissioni
Le prime parziali ammissioni dell'arrestato
Giovanni Longo
Bari Un caso isolato oppure siamo di fronte a una vera e propria organizzazione con sponda barese in grado di falsificare documenti d’identità e passaporti? Troppo presto per dirlo. Gli accertamenti della Procura sono in corso. Il cittadino iracheno arrestato domenica scorsa in flagranza di eato perché trovato in possesso di quattro documenti falsi è stato interrogato più volte. Con sé, quando la Polizia lo ha fermato, aveva una carta d’identità della Repubblica Ceca intestata a un finlandese ed esibita agli agenti spacciandolo per il suo documento («l’ho pagato 500 euro da un albanese in piazza Moro», ha confessato dopo), e tre passaporti iracheni («sono costati 5.000 euro», ha detto).
Una vicenda tutta da chiarire. Per questo sono in corso verifiche anche su conti correnti, cercando di seguire a ritroso le tracce lasciate soldi. A coordinare gli accertamenti condotti dalla Digos della Questura di Bari, il pm della direzione distrettuale Renato Nitti che ha competenze anche sul terrorismo. Il sospetto è che quei documenti dovessero essere consegnati a Bari a qualcuno che doveva entrare illegalmente nel nostro Paese. Il capoluogo pugliese, dunque, come tappa intermedia di una destinazione finale forse italiana.
Ma per fare cosa? Difficile dare una risposta. L’iracheno arrestato avrebbe riferito di avere avuto il compito di occuparsi di falsificare dei visti sui passaporti per conto di altri due connazionali a loro volta referenti di un misterioso avvocato iracheno che assiste principalmente persone accusate, appunto, di terrorismo. Di qui la massima attenzione da parte degli investigatori a caccia di riscontri rispetto alle versioni fornite. Nei suoi confronti, al momento, l’accusa è di «possesso e fabbricazione di documenti identificazione falsi». Ma nel provvedimento con il quale il gip del Tribunale, Alessandra Piliego, ha convalidato l’arresto e disposto un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, come la Gazzetta ha anticipato ieri, si fa espresso riferimento a possibili contatti tra l’indagato e cellule terroristiche. Sarebbe stato lo stesso cittadino iracheno ad effettuare parziali ammissioni. Di qui gli approfondimenti molto delicati in corso.
Un dato è certo: la nuova inchiesta sembra confermare quanto già emerso da altri fascicoli aperti dalla Procura di Bari. Il capoluogo pugliese, come ha già dimostrato il caso degli attentati di Parigi con Salah, il ricercato numero uno (ieri finito in manette), passato dal porto di Bari, è un crocevia da monitorare con grande attenzione.