Povertà, la Puglia con il 16% è la prima regione tra chi non riesce a mangiare
MILANO – L'Italia esporta sempre più generi alimentari ed è una nazione di sedicenti esperti di cibo, con chef casalinghi che si ispirano ai programmi televisivi e commensali che si siedono indifferentemente ai tavoli di un fast food come a quelli di un ristorante vegano. Dietro l’aspetto 'culturalè, però, c'è quello sociale: nell’ultimo anno, a una famiglia su dieci (2,4 milioni, uno in più rispetto al 2007) è capitato di non aver soldi per poter acquistare il cibo necessario. La fotografia 'Gli italiani e il cibo' è stata scattata dal Censis ed è stata presentata all’Expo di Milano.
Puglia (16,1%), Campania (14,2%) e Sicilia (13,3%) sono le regioni con la percentuale più alta di famiglie che vivono in condizione di disagio alimentare, che si fa sentire di più in quelle numerose: ha riguardato il 12,2% di quelle con figli minori (830.000). Le famiglie con figli sono anche quelle che hanno subito di più i tagli alla spesa alimentare negli anni 2007-2014: -15,6% le coppie con due figli, -18,2% le coppie con tre o più figli. Nel complesso, la spesa alimentare sul totale della spesa per consumi è diminuita dal 27,1% degli anni Settanta al 14,2% del 2014.
E più figli si hanno, più aumenta il disagio alimentare: il 12,2% delle famiglie con figli minori (830.000 nuclei) nell’ultimo anno non ha potuto acquistare il cibo necessario a causa di difficoltà economiche. Le famiglie con figli sono anche quelle che hanno subito di più i tagli alla spesa alimentare negli anni 2007-2014: -15,6% le coppie con due figli, -18,2% le coppie con tre o più figli. Le distanze sociali si ampliano anche in ambito alimentare. Con la crisi si sono acuite le preesistenti disuguaglianze alimentari. Nel periodo 2007-2014 le famiglie con capofamiglia operaio hanno registrato una riduzione della spesa alimentare del 17,3% in termini reali, mentre quelle di dirigenti e impiegati del 9,7%, a fronte di una riduzione media del 12,9%.
L'Italia è comunque un popolo di conoscitori del cibo: 29,4 milioni di definiscono appassionati, 12,6 milioni intenditori e 4,1 milioni dei veri esperti. Riguardo le abitudini, i dati parlano di 6,3 milioni di lavoratori che ogni giorno mangiano fuori casa e di 38,5 milioni che preparano pietanze e ricette innovative apprese da ricettari o programmi Tv. Nelle diete quotidiane coesistono i fast food, con 20,2 milioni di italiani a cui capita di mangiarci, e il vegano o vegetariano, scelto da 19,5 milioni di italiani, di cui 4,5 milioni regolarmente. Per il 17,9% delle persone la cucina 'made in Italy' rappresenta un motivo di orgoglio e unisce il Paese.
Se la crisi si fa sentire in famiglia, i suoi effetti non incidono più sull'export. Nel 2014, il valore delle esportazioni di prodotti alimentari e bevande è stato pari a 28,4 miliardi di euro, con un +30,1% rispetto a cinque anni prima. Per il 2017 le previsioni indicano che l’export agroalimentare italiano crescerà dell’8,9% medio annuo.
La sfida per "il post Expo è studiare la strategia per il nostro Paese – ha commentato il ministro alle politiche agricole, Maurizio Martina – che ha nelle tipicità il suo punto di forza", ma che vanno "interpretate in uno scenario globale. Questa è la domanda che attraversa Expo: quali sono le nuove frontiere, dove posizionare il nostro punto di forza". Per il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, "è fondamentale esportare il modello italiano delle tipicità, non solo i prodotti. Solo così anche le esportazioni delle nostre nicchie saranno più facili".
Per De Rita, "nella battaglia fra biodiversità e industrializzazione di massa, bisogna puntare sulle scelte individuali: la voglia di diversità è una voglia di democrazia". "Quando diciamo biodiversità diciamo varietà dei territori e dei prodotti – ha spiegato il commissario di padiglione Italia, Diana Bracco – Questo è il Made in Italy del cibo".
Puglia (16,1%), Campania (14,2%) e Sicilia (13,3%) sono le regioni con la percentuale più alta di famiglie che vivono in condizione di disagio alimentare, che si fa sentire di più in quelle numerose: ha riguardato il 12,2% di quelle con figli minori (830.000). Le famiglie con figli sono anche quelle che hanno subito di più i tagli alla spesa alimentare negli anni 2007-2014: -15,6% le coppie con due figli, -18,2% le coppie con tre o più figli. Nel complesso, la spesa alimentare sul totale della spesa per consumi è diminuita dal 27,1% degli anni Settanta al 14,2% del 2014.
E più figli si hanno, più aumenta il disagio alimentare: il 12,2% delle famiglie con figli minori (830.000 nuclei) nell’ultimo anno non ha potuto acquistare il cibo necessario a causa di difficoltà economiche. Le famiglie con figli sono anche quelle che hanno subito di più i tagli alla spesa alimentare negli anni 2007-2014: -15,6% le coppie con due figli, -18,2% le coppie con tre o più figli. Le distanze sociali si ampliano anche in ambito alimentare. Con la crisi si sono acuite le preesistenti disuguaglianze alimentari. Nel periodo 2007-2014 le famiglie con capofamiglia operaio hanno registrato una riduzione della spesa alimentare del 17,3% in termini reali, mentre quelle di dirigenti e impiegati del 9,7%, a fronte di una riduzione media del 12,9%.
L'Italia è comunque un popolo di conoscitori del cibo: 29,4 milioni di definiscono appassionati, 12,6 milioni intenditori e 4,1 milioni dei veri esperti. Riguardo le abitudini, i dati parlano di 6,3 milioni di lavoratori che ogni giorno mangiano fuori casa e di 38,5 milioni che preparano pietanze e ricette innovative apprese da ricettari o programmi Tv. Nelle diete quotidiane coesistono i fast food, con 20,2 milioni di italiani a cui capita di mangiarci, e il vegano o vegetariano, scelto da 19,5 milioni di italiani, di cui 4,5 milioni regolarmente. Per il 17,9% delle persone la cucina 'made in Italy' rappresenta un motivo di orgoglio e unisce il Paese.
Se la crisi si fa sentire in famiglia, i suoi effetti non incidono più sull'export. Nel 2014, il valore delle esportazioni di prodotti alimentari e bevande è stato pari a 28,4 miliardi di euro, con un +30,1% rispetto a cinque anni prima. Per il 2017 le previsioni indicano che l’export agroalimentare italiano crescerà dell’8,9% medio annuo.
La sfida per "il post Expo è studiare la strategia per il nostro Paese – ha commentato il ministro alle politiche agricole, Maurizio Martina – che ha nelle tipicità il suo punto di forza", ma che vanno "interpretate in uno scenario globale. Questa è la domanda che attraversa Expo: quali sono le nuove frontiere, dove posizionare il nostro punto di forza". Per il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, "è fondamentale esportare il modello italiano delle tipicità, non solo i prodotti. Solo così anche le esportazioni delle nostre nicchie saranno più facili".
Per De Rita, "nella battaglia fra biodiversità e industrializzazione di massa, bisogna puntare sulle scelte individuali: la voglia di diversità è una voglia di democrazia". "Quando diciamo biodiversità diciamo varietà dei territori e dei prodotti – ha spiegato il commissario di padiglione Italia, Diana Bracco – Questo è il Made in Italy del cibo".