Caso Siderpotenza «È peggio di Taranto e Porto Marghera» Diossine 10 volte superiori
di MASSIMO BRANCATI
POTENZA - È una situazione devastante. Al punto da spingere Massimo Zucchetti, uno dei maggiori esperti italiani in tema di inquinamento, a sentenziare che neppure per siti come Taranto o Porto Marghera si raggiungono valori di diossina e Pcb riscontrati in uno dei punti di monitoraggio sistemati a Bucaletto, nel giardino privato della famiglia Mancaniello. La Ferriera di Potenza come l’Ilva. Più dell’Ilva, dunque.
Si aspettano i risultati del terzo «step» di rilievi che l’Arpab riceverà dai laboratori di Taranto, nella speranza che i dati siano meno impattanti rispetto ai precedenti resoconti grazie ad una speciale cappa sistemata sulla fabbrica siderurgica. Ma, secondo il comitato «Aria pulita» di Potenza, è tutto inutile. Anche perché proprio i precedenti rilievi hanno dimostrato che l’inquinamento procede nonostante gli impianti spenti, segno evidente che le polveri derivanti dalla lavorazione avvolgono la struttura e sono pronte a liberarsi nell’aria al primo alito di vento. Basta un dato per spiegare questa teoria: a rione Betlemme i livelli di benzoapirene, uno degli inquinanti più cancerogeni, nel primo monitoraggio hanno toccato quota 15,78 nano grammo per metro cubo d’aria, mentre nel secondo, a fabbrica in stand by, è schizzato a 27,12.
Insomma, a questo punto è davvero inutile aspettare il responso della terza campagna di misurazione, sperando negli effetti «benefici» della cappa della Ferriera. L’unica soluzione possibile, secondo gli ambientalisti, è la delocalizzazione dell’azienda, non ci sono altre strade. Lo ha ribadito ieri mattina Luciana Coletta del comitato «Aria pulita» che ha presentato un documento in cui Zucchetti analizza gli ultimi dati dell’Arpab sull’impatto della fabbrica, tirando fuori quell’inquietante paragone con Taranto e Porto Marghera.
«In base ai dati e a quanto ci dice l’esperto - ha sottolineato Coletta - in Italia non ci sono altri siti così inquinati. D’altra parte dal monitoraggio è evidente come le diossine riscontrate risultino fino a dieci volte superiori rispetto alla soglia massima stabilita dall’Unione europea».
Durante l’incontro, organizzato nella sede della libreria Ubik di Potenza - a cui sono intervenuti, tra gli altri, il tenente Giuseppe Di Bello, Dino De Angelis del comitato 13 ottobre e rappresentanti di altre associazioni cittadine dei quartieri che gravitano attorno all’orbita della Ferriera - è stata messa in guardia tutta la città. E non solo. Le nano particelle di diossine e altri veleni «viaggiano» a chilometri di distanza, un po’ come accade per la sabbia del deserto africano che, spinta da Eolo, arriva fin alle nostre latitudini. Nessuno, insomma, si senta protetto dall’inqui - namento prodotto dalla Ferriera che continua, tra l’altro, a fagocitare e bruciare rifiuti non solo ferrosi, ma plastiche, verniciature e scocche. Materiali che sprigionano fumi in una città avvelenata da oltre trent’anni.
POTENZA - È una situazione devastante. Al punto da spingere Massimo Zucchetti, uno dei maggiori esperti italiani in tema di inquinamento, a sentenziare che neppure per siti come Taranto o Porto Marghera si raggiungono valori di diossina e Pcb riscontrati in uno dei punti di monitoraggio sistemati a Bucaletto, nel giardino privato della famiglia Mancaniello. La Ferriera di Potenza come l’Ilva. Più dell’Ilva, dunque.
Si aspettano i risultati del terzo «step» di rilievi che l’Arpab riceverà dai laboratori di Taranto, nella speranza che i dati siano meno impattanti rispetto ai precedenti resoconti grazie ad una speciale cappa sistemata sulla fabbrica siderurgica. Ma, secondo il comitato «Aria pulita» di Potenza, è tutto inutile. Anche perché proprio i precedenti rilievi hanno dimostrato che l’inquinamento procede nonostante gli impianti spenti, segno evidente che le polveri derivanti dalla lavorazione avvolgono la struttura e sono pronte a liberarsi nell’aria al primo alito di vento. Basta un dato per spiegare questa teoria: a rione Betlemme i livelli di benzoapirene, uno degli inquinanti più cancerogeni, nel primo monitoraggio hanno toccato quota 15,78 nano grammo per metro cubo d’aria, mentre nel secondo, a fabbrica in stand by, è schizzato a 27,12.
Insomma, a questo punto è davvero inutile aspettare il responso della terza campagna di misurazione, sperando negli effetti «benefici» della cappa della Ferriera. L’unica soluzione possibile, secondo gli ambientalisti, è la delocalizzazione dell’azienda, non ci sono altre strade. Lo ha ribadito ieri mattina Luciana Coletta del comitato «Aria pulita» che ha presentato un documento in cui Zucchetti analizza gli ultimi dati dell’Arpab sull’impatto della fabbrica, tirando fuori quell’inquietante paragone con Taranto e Porto Marghera.
«In base ai dati e a quanto ci dice l’esperto - ha sottolineato Coletta - in Italia non ci sono altri siti così inquinati. D’altra parte dal monitoraggio è evidente come le diossine riscontrate risultino fino a dieci volte superiori rispetto alla soglia massima stabilita dall’Unione europea».
Durante l’incontro, organizzato nella sede della libreria Ubik di Potenza - a cui sono intervenuti, tra gli altri, il tenente Giuseppe Di Bello, Dino De Angelis del comitato 13 ottobre e rappresentanti di altre associazioni cittadine dei quartieri che gravitano attorno all’orbita della Ferriera - è stata messa in guardia tutta la città. E non solo. Le nano particelle di diossine e altri veleni «viaggiano» a chilometri di distanza, un po’ come accade per la sabbia del deserto africano che, spinta da Eolo, arriva fin alle nostre latitudini. Nessuno, insomma, si senta protetto dall’inqui - namento prodotto dalla Ferriera che continua, tra l’altro, a fagocitare e bruciare rifiuti non solo ferrosi, ma plastiche, verniciature e scocche. Materiali che sprigionano fumi in una città avvelenata da oltre trent’anni.