«Mega-riscatto per Sgrena e le Simona». Farnesina: falso
LONDRA - Il governo italiano pagò 11 milioni di dollari per ottenere la liberazione di Giuliana Sgrena e, prima, di Simona Pari e Simona Torretta. Lo afferma il quotidiano britannico The Times che ha esaminato documenti da cui si evince che per il rilascio della due cooperanti, nel settembre del 2004, furono pagati cinque milioni di dollari, mentre per quello della giornalista del Manifesto, nel marzo del 2005, furono versati sei milioni di dollari. L'Italia, afferma il Times, non è stata l'unica a pagare per ottenere la liberazione di ostaggi rapiti in Iraq. Anche Francia e Germania, secondo le fonti consultate dal quotidiano, hanno versato alla guerriglia cifre comprese tra gli 8 e i 25 milioni di dollari, mentre Londra non ha dato neppure un centesimo per i due britannici, Kenneth Bigley e Margaret Hassan, il cui assassinio è stato documentato da un video girato dai miliziani nel novembre del 2004.
Il governo di Parigi si è affretato a smentire le indiscrezioni. ha negato di aver mai pagato un riscatto per la liberazione di francesi rapiti in Iraq. «Come le autorità francesi hanno già detto all'epoca del rilascio degli ostaggi» ha detto il portavoce del ministero degli esteri, Jean-Baptiste Mattei, «non è stato pagato alcun riscatto».
In totale, secondo i calcoli fatti dal quotidiano, per la liberazione di 9 ostaggi sono stati pagati alla guerriglia 45 milioni di dollari. I documenti sono stati mostrati al Times da funzionari iracheni della sicurezza che hanno avuto un ruolo determinante nelle trattative e dall'esame risulta che tra le bande alle quali è stato pagato il riscatto c'è anche quella responsabile del sequestro e dell'omicidio di Bigley.
Il quotidiano britannico afferma che diplomatici occidentali che hanno avuto la possibilità di esaminare i documenti hanno duramente criticato Francia, Germania e Italia il cui atteggiamento, hanno detto, alimenta il 'mercatò dei sequestri di cittadini stranieri. «In linea teorica siamo tutti d'accordo che non bisogna pagare riscatti» ha detto una fonte occidentale anonima citata dal giornale, «ma in realtà alcuni governi hanno scelto di fare altrimenti mettendo così a repentaglio la vita di altri stranieri». Si calcola che dal 2003 siano stati rapiti in Iraq più di 250 stranieri: 135 sono stati rilasciati, 44 sono stati uccisi, tre sono riusciti a fuggire, sei sono stati liberati dalle forze di sicurezza e degli altri non si hanno più notizie.
Stando ai documenti consultati dal Times, il governo di Parigi ha pagato 10 milioni di dollari per la liberazione di Florence Aubenas, la giornalista tenuta in ostaggio per 157 giorni, e 15 milioni per quella di Christian Chesnot e Georges Mabrunot. La Germania ha invece pagato tre milioni di dollari per il rilascio di Susanne Ostloff, rapita il 25 novembre del 2005 e rimasta per tre settimane nelle mani dei sequestratori, e 5 milioni per Rene Braunlich e Thomas Nitzchke, rimasti in ostaggio per poco meno di cinque mesi.
Molti governi, tra cui quelli di Turchia, Romania, Svezia e Giordania hanno più o meno apertamente pagato riscatti per la liberazione di loro connazionali rapiti in Iraq e non si contano le multinazionali appaltatrici di contratti miliardari che hanno fatto lo stesso per i loro dipendenti, tra cui quattro uomini d'affari con doppia cittadinanza irachena e statunitense. Spesso il riscatto viene spacciato per «rimborso spese» agli intermediari.
Secondo il Times, il caso dei due ingegneri tedeschi ha portato alla luce la diffidenza dei diplomatici occidentali nei confronti delle forze di sicurezza irachene. Una fonte dell'antiterrorismo di Baghdad ha ammesso che «troppo spesso i governi e le loro forze militari si nascondo le informazioni a vicenda e non le condividono con gli iracheni e fanno quelli che gli pare, incluso pagare riscatti milionari a prescindere da quale sia la politica ufficiale».
Il governo di Parigi si è affretato a smentire le indiscrezioni. ha negato di aver mai pagato un riscatto per la liberazione di francesi rapiti in Iraq. «Come le autorità francesi hanno già detto all'epoca del rilascio degli ostaggi» ha detto il portavoce del ministero degli esteri, Jean-Baptiste Mattei, «non è stato pagato alcun riscatto».
In totale, secondo i calcoli fatti dal quotidiano, per la liberazione di 9 ostaggi sono stati pagati alla guerriglia 45 milioni di dollari. I documenti sono stati mostrati al Times da funzionari iracheni della sicurezza che hanno avuto un ruolo determinante nelle trattative e dall'esame risulta che tra le bande alle quali è stato pagato il riscatto c'è anche quella responsabile del sequestro e dell'omicidio di Bigley.
Il quotidiano britannico afferma che diplomatici occidentali che hanno avuto la possibilità di esaminare i documenti hanno duramente criticato Francia, Germania e Italia il cui atteggiamento, hanno detto, alimenta il 'mercatò dei sequestri di cittadini stranieri. «In linea teorica siamo tutti d'accordo che non bisogna pagare riscatti» ha detto una fonte occidentale anonima citata dal giornale, «ma in realtà alcuni governi hanno scelto di fare altrimenti mettendo così a repentaglio la vita di altri stranieri». Si calcola che dal 2003 siano stati rapiti in Iraq più di 250 stranieri: 135 sono stati rilasciati, 44 sono stati uccisi, tre sono riusciti a fuggire, sei sono stati liberati dalle forze di sicurezza e degli altri non si hanno più notizie.
Stando ai documenti consultati dal Times, il governo di Parigi ha pagato 10 milioni di dollari per la liberazione di Florence Aubenas, la giornalista tenuta in ostaggio per 157 giorni, e 15 milioni per quella di Christian Chesnot e Georges Mabrunot. La Germania ha invece pagato tre milioni di dollari per il rilascio di Susanne Ostloff, rapita il 25 novembre del 2005 e rimasta per tre settimane nelle mani dei sequestratori, e 5 milioni per Rene Braunlich e Thomas Nitzchke, rimasti in ostaggio per poco meno di cinque mesi.
Molti governi, tra cui quelli di Turchia, Romania, Svezia e Giordania hanno più o meno apertamente pagato riscatti per la liberazione di loro connazionali rapiti in Iraq e non si contano le multinazionali appaltatrici di contratti miliardari che hanno fatto lo stesso per i loro dipendenti, tra cui quattro uomini d'affari con doppia cittadinanza irachena e statunitense. Spesso il riscatto viene spacciato per «rimborso spese» agli intermediari.
Secondo il Times, il caso dei due ingegneri tedeschi ha portato alla luce la diffidenza dei diplomatici occidentali nei confronti delle forze di sicurezza irachene. Una fonte dell'antiterrorismo di Baghdad ha ammesso che «troppo spesso i governi e le loro forze militari si nascondo le informazioni a vicenda e non le condividono con gli iracheni e fanno quelli che gli pare, incluso pagare riscatti milionari a prescindere da quale sia la politica ufficiale».