Nuova giunta in Puglia Vendola: «Mi dimetto se non va bene» I nomi degli assessori - Decaro: vado alla Camera Anche Rosa Stanisci (Pd) dice no Pd: «Tolta vicepresidenza»
di BEPI MARTELLOTTA
BARI - Erano appena scoccate le 23, l’altra sera, quando il governatore Nichi Vendola, sgomberando il campo dalle lungaggini e tenendo fede all’impegno sui tempi, convocava la conferenza stampa in cui annunciare la nuova giunta. Alla stessa ora si era appena conclusa un’infuocata direzione regionale del Pd, nella quale l’alleato principale del presidente della Regione chiedeva ulteriori confronti e trattative sul nuovo governo. Nulla da fare, la giunta era già pronta ed eccoci, dunque, allo «strappo» che ieri ha mandato a gambe all’aria il «brindisi» di augurio per il nuovo governo Vendola: 12 assessori (ridotti rispetto ai 14 uscenti), 6 donne e 6 uomini (rispettando la parità di genere) di cui 5 «esterni» (erano 7 in quella uscente).
La giornata di avvio della «fase due», quella inaugurata con la decisione del leader di Sel di restare alla guida della Puglia e di non optare per il seggio in Parlamento, si consuma - così - tra polemiche e veti incrociati, revoche da parte degli assessori chiamati al nuovo impegno e minacce di dimissioni dello stesso governatore. «Se il Pd ritiene che questa giunta sia una menomazione delle prerogative del partito di maggioranza relativa - scandisce - e propone di limitare l’autonomia del Presidente della giunta, poco male: al Pd toccherà trovarsi non solo un nuovo governo, ma soprattutto un nuovo Presidente. Le mie dimissioni sono a disposizione».
In mattinata Vendola ha illustrato il suo governo: vanno via sette assessori, di cui tre eletti in Parlamento, e ne entrano cinque di nuovi. Oltre a Pelillo, Fratoianni e Stefàno (che venerdì si insedieranno alle Camere), escono di scena gli «esterni» Attolini (Sanità), Dentamaro (federalismo e personale), il Pd Amati (Opere pubbliche) e la titolare dello Sport, Campese, schieratasi con la lista Ingroia. Per tutti, con qualche distinguo, parole di ringraziamento dal governatore per il lavoro svolto. Ma vengono anche rimescolate le deleghe nel nuovo governo, con la confermata Elena Gentile che si trova a guidare, oltre al Welfare, l’accorpata Sanità; il titolare dei Trasporti, Guglielmo Minervini, che torna alle Politiche giovanili e sport che aveva retto nella prima legislatura Vendola; Loredana Capone che resta alla guida dello Sviluppo economico ma perde la vicepresidenza della giunta, affidata ad un’altro assessore confermato, la titolare del Territorio Angela Barbanente. Quindi Silvia Godelli, che conserva Cultura e Turismo, l’Idv Lorenzo Nicastro che resta alla guida dell’Ambiente e Alba Sasso, titolare del Diritto allo Studio. Ed ecco le 5 new entry: all’Agricoltura arriva, in quota Sel, Fabrizio Nardoni; viene re-istituito l’assessorato al Lavoro, affidato al vendoliano ex Cgil Leo Caroli; ad Antonio Decaro (Pd), neo-eletto alla Camera, viene affidato un super-assessorato, che accorpa le Opere pubbliche ai Trasporti (sinora divisi tra Amati e Minervini); il Personale viene affidato all’ex parlamentare foggiana Rosa Stanisci. Quindi la decisione-choc: la guida del Bilancio ad un consigliere ex Pdl passato nelle fila dei montiani, Leonardo Di Gioia.
BARI - Erano appena scoccate le 23, l’altra sera, quando il governatore Nichi Vendola, sgomberando il campo dalle lungaggini e tenendo fede all’impegno sui tempi, convocava la conferenza stampa in cui annunciare la nuova giunta. Alla stessa ora si era appena conclusa un’infuocata direzione regionale del Pd, nella quale l’alleato principale del presidente della Regione chiedeva ulteriori confronti e trattative sul nuovo governo. Nulla da fare, la giunta era già pronta ed eccoci, dunque, allo «strappo» che ieri ha mandato a gambe all’aria il «brindisi» di augurio per il nuovo governo Vendola: 12 assessori (ridotti rispetto ai 14 uscenti), 6 donne e 6 uomini (rispettando la parità di genere) di cui 5 «esterni» (erano 7 in quella uscente).
La giornata di avvio della «fase due», quella inaugurata con la decisione del leader di Sel di restare alla guida della Puglia e di non optare per il seggio in Parlamento, si consuma - così - tra polemiche e veti incrociati, revoche da parte degli assessori chiamati al nuovo impegno e minacce di dimissioni dello stesso governatore. «Se il Pd ritiene che questa giunta sia una menomazione delle prerogative del partito di maggioranza relativa - scandisce - e propone di limitare l’autonomia del Presidente della giunta, poco male: al Pd toccherà trovarsi non solo un nuovo governo, ma soprattutto un nuovo Presidente. Le mie dimissioni sono a disposizione».
In mattinata Vendola ha illustrato il suo governo: vanno via sette assessori, di cui tre eletti in Parlamento, e ne entrano cinque di nuovi. Oltre a Pelillo, Fratoianni e Stefàno (che venerdì si insedieranno alle Camere), escono di scena gli «esterni» Attolini (Sanità), Dentamaro (federalismo e personale), il Pd Amati (Opere pubbliche) e la titolare dello Sport, Campese, schieratasi con la lista Ingroia. Per tutti, con qualche distinguo, parole di ringraziamento dal governatore per il lavoro svolto. Ma vengono anche rimescolate le deleghe nel nuovo governo, con la confermata Elena Gentile che si trova a guidare, oltre al Welfare, l’accorpata Sanità; il titolare dei Trasporti, Guglielmo Minervini, che torna alle Politiche giovanili e sport che aveva retto nella prima legislatura Vendola; Loredana Capone che resta alla guida dello Sviluppo economico ma perde la vicepresidenza della giunta, affidata ad un’altro assessore confermato, la titolare del Territorio Angela Barbanente. Quindi Silvia Godelli, che conserva Cultura e Turismo, l’Idv Lorenzo Nicastro che resta alla guida dell’Ambiente e Alba Sasso, titolare del Diritto allo Studio. Ed ecco le 5 new entry: all’Agricoltura arriva, in quota Sel, Fabrizio Nardoni; viene re-istituito l’assessorato al Lavoro, affidato al vendoliano ex Cgil Leo Caroli; ad Antonio Decaro (Pd), neo-eletto alla Camera, viene affidato un super-assessorato, che accorpa le Opere pubbliche ai Trasporti (sinora divisi tra Amati e Minervini); il Personale viene affidato all’ex parlamentare foggiana Rosa Stanisci. Quindi la decisione-choc: la guida del Bilancio ad un consigliere ex Pdl passato nelle fila dei montiani, Leonardo Di Gioia.