Mercato delle partite: il Lecce versò 230mila euro per il derby col Bari «Giocate a perdere, i club si stanno accordando» Masiello e quell'autogol: «Sì, lho fatto apposta» L'intercettazione: «Calciatori luridi, mangiano soldi» Tu c'eri? Raccontaci quel derby "venduto"
di GIOVANNI LONGO
e MASSIMILIANO SCAGLIARINI
BARI - Duecentotrentamila euro. Consegnati all’hotel Tiziano di Lecce da un misterioso intermediario vicino alla società salentina che sarebbe già stato identificato. Così Andrea Masiello e due suoi amici hanno venduto il derby Bari-Lecce del 15 maggio 2011, l’ultimo disputato dalle due squadre pugliesi in serie A. Anche per questo ieri mattina l’ex calciatore biancorosso, 26 anni, oggi in forza all’Atalanta, è finito in carcere insieme a Gianni Carella, 46 anni, barese, gestore di locali notturni, e a Fabio Giacobbe, 30 anni, di Grottaglie, attore nei teatri amatoriali: sono tutti accusati di associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva. «È il primo tassello - ha detto il procuratore di Bari, Antonio Laudati - di una indagine più articolata». Che ora punta dritto sulle società e rischia di rivoluzionare il campionato italiano.
Per ora i magistrati ritengono di aver ricostruito il «protocollo Masiello». Un sistema, fatto di partite truccate, di scommesse milionarie e di tangenti pagate dagli avversari per giocare a perdere. Come i 50mila euro intascati per l’autogol nel derby pugliese, che il giovane difensore (già sospeso dall’Atalanta) ha ammesso in una lettera inviata ai magistrati cinque giorni prima di essere arrestato: confessione tardiva quanto inutile.
cinque partite Sono cinque, secondo la procura barese, le partite truccate in due campionati di serie A. Udinese-Bari del 9 maggio 2010, un pareggio per 3-3 su cui Masiello e i suoi amici scommettono 30mila euro. Poi, nello scorso torneo, Cesena-Bari del 17 aprile 2011 (persa - ritiene la Procura - dopo le minacce rivolte dagli ultras ai calciatori, «in modo da consentire ai tifosi di lucrare anch'essi vincite in denaro»), quindi il derby pugliese finito 0-2 (tre punti preziosi per la salvezza dei salentini), Bari-Genoa 0-2 (su cui però il gip Giovanni Abbattista ha espresso dubbi), e l’ultima di campionato, Bologna-Bari del 22 maggio, terminata 0-4 con gli emiliani già salvi e i pugliesi già retrocessi: a prendere accordi sarebbero stati Carella e Giacobbe, che insieme al ristoratore Onofrio De Benedictis sono saliti in Emilia per incontrare Daniele Portanova.
i primi passi L’inchiesta condotta da Laudati con il pm Ciro Angelillis nasce dalla denuncia di un bookmaker, Paradisebet, dopo le anomalie registrate sulla partita di Coppa Italia Livorno-Bari. E scavando negli ambienti che ruotano intorno alla squadra biancorossa i carabinieri del reparto operativo scoprono una strana compagnia di giro che si incontra in bar e ristoranti di grido, e che passa le giornate a occuparsi di scommesse. Ne fanno parte personaggi come l’ex capitano barese Antonio Bellavista e il factotum Angelo Iacovelli, già coinvolti nell’inchiesta di Cremona. Proprio come Masiello, la cui credibilità a Bari viene però ritenuta nulla: è prima «reticente», quindi mostra una «apparente apertura», infine appare «estremamente cauto» nell’ultima confessione fatta per evitare l’accusa più grave, quella di associazione per delinquere.
Tuttavia, secondo il gip, il terzetto ha mostrato «di essere in grado di operare in maniera indisturbata sull'intero territorio nazionale per falsare l'esito di incontri di calcio di serie A e, quindi, l'esito dello stesso campionato italiano di calcio». Un meccanismo che è stato scoperto ascoltando mezza serie A (tra gli altri lo juventino Leonardo Bonucci e il portiere del Bologna, Jean Francois Gillet, entrambi ex Bari) e soprattutto l’altro ristoratore barese Nicola De Tullio, ex gestore di agenzie di scommesse ed a sua volta indagato. Le sue parole e i riscontri documentali sulle bollette delle giocate hanno convinto la Procura che Masiello mentiva.
derby truccato L’episodio più grave è naturalmente quello del derby Lecce-Bari, «L’unica partita - ha detto Laudati - su cui non si sono registrate scommesse anomale». Un modo per confermare che l’ipotesi su cui lavorano i magistrati, è quella del coinvolgimento diretto del Lecce, che attraverso persone «verosimilmente gravitanti nell’orbita» della società avrebbe «corrisposto una importante somma di denaro» per comprarsi i tre punti della salvezza.
Di due emissari che si presentano in ritiro «per conto del figlio del presidente del Lecce, Semeraro» parla in un interrogatorio l’ex difensore Marco Rossi. Salta fuori che i due erano proprio Carella e Giacobbe: avevano in tasca un assegno da 300mila euro (evidentemente lasciato in garanzia e mostrato soltanto a Masiello ) e 30mila euro in contanti che offrono a Rossi, Parisi e Bentivoglio.
«La settimana prima della partita - mette a verbale Rossi il 22 gennaio - sono stato avvicinato da Masiello che mi disse che ci sarebbe stato un milione di euro da dividerci in caso di sconfitta». Poi in ritiro arrivano i due tizi con i soldi, «ce li volevano dare subito se volevamo perdere questa partita». I presenti, dice Rossi, rifiutano. Masiello, almeno all’inizio, si accoda: «Gli altri rifiutarono - dice - e inizialmente rifiutai anch’io». Ma a rendere incredibili le sue parole c’è l’autogol segnato a 10’ dal termine, quando il Bari già perdeva 1-0: «Il giorno della partita - prova a giustificarsi - ero condizionato».
Condizionato, sì. Ma non tanto da dimenticarsi di incassare i soldi. Il 22 agosto - come dimostrano i tabulati telefonici - Masiello, Carella e Giacobbe si presentano a Lecce, all’Hotel Tiziano. Lì c’è un tale «fisicamente tosto, cioè non muscoloso, un po' grassottello, giacca e cravatta, vestito elegante, occhiali, capelli a caschetto quasi castani».
Un uomo sui 35 anni, alto 1,85-1,90, con due figlie («Mi disse che lui era preoccupato perché aveva due figlie, ha detto di non incassare l'assegno a Carella, perché sennò andava nei casini»), che arriva su una Mercedes Ml grigia. In una borsa ha poco più di 200mila euro, soldi «legati con le fascette». Masiello ne prende 50mila, ai due amici ne vanno circa 180mila. È questo il prezzo di un derby truccato.
e MASSIMILIANO SCAGLIARINI
BARI - Duecentotrentamila euro. Consegnati all’hotel Tiziano di Lecce da un misterioso intermediario vicino alla società salentina che sarebbe già stato identificato. Così Andrea Masiello e due suoi amici hanno venduto il derby Bari-Lecce del 15 maggio 2011, l’ultimo disputato dalle due squadre pugliesi in serie A. Anche per questo ieri mattina l’ex calciatore biancorosso, 26 anni, oggi in forza all’Atalanta, è finito in carcere insieme a Gianni Carella, 46 anni, barese, gestore di locali notturni, e a Fabio Giacobbe, 30 anni, di Grottaglie, attore nei teatri amatoriali: sono tutti accusati di associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva. «È il primo tassello - ha detto il procuratore di Bari, Antonio Laudati - di una indagine più articolata». Che ora punta dritto sulle società e rischia di rivoluzionare il campionato italiano.
Per ora i magistrati ritengono di aver ricostruito il «protocollo Masiello». Un sistema, fatto di partite truccate, di scommesse milionarie e di tangenti pagate dagli avversari per giocare a perdere. Come i 50mila euro intascati per l’autogol nel derby pugliese, che il giovane difensore (già sospeso dall’Atalanta) ha ammesso in una lettera inviata ai magistrati cinque giorni prima di essere arrestato: confessione tardiva quanto inutile.
cinque partite Sono cinque, secondo la procura barese, le partite truccate in due campionati di serie A. Udinese-Bari del 9 maggio 2010, un pareggio per 3-3 su cui Masiello e i suoi amici scommettono 30mila euro. Poi, nello scorso torneo, Cesena-Bari del 17 aprile 2011 (persa - ritiene la Procura - dopo le minacce rivolte dagli ultras ai calciatori, «in modo da consentire ai tifosi di lucrare anch'essi vincite in denaro»), quindi il derby pugliese finito 0-2 (tre punti preziosi per la salvezza dei salentini), Bari-Genoa 0-2 (su cui però il gip Giovanni Abbattista ha espresso dubbi), e l’ultima di campionato, Bologna-Bari del 22 maggio, terminata 0-4 con gli emiliani già salvi e i pugliesi già retrocessi: a prendere accordi sarebbero stati Carella e Giacobbe, che insieme al ristoratore Onofrio De Benedictis sono saliti in Emilia per incontrare Daniele Portanova.
i primi passi L’inchiesta condotta da Laudati con il pm Ciro Angelillis nasce dalla denuncia di un bookmaker, Paradisebet, dopo le anomalie registrate sulla partita di Coppa Italia Livorno-Bari. E scavando negli ambienti che ruotano intorno alla squadra biancorossa i carabinieri del reparto operativo scoprono una strana compagnia di giro che si incontra in bar e ristoranti di grido, e che passa le giornate a occuparsi di scommesse. Ne fanno parte personaggi come l’ex capitano barese Antonio Bellavista e il factotum Angelo Iacovelli, già coinvolti nell’inchiesta di Cremona. Proprio come Masiello, la cui credibilità a Bari viene però ritenuta nulla: è prima «reticente», quindi mostra una «apparente apertura», infine appare «estremamente cauto» nell’ultima confessione fatta per evitare l’accusa più grave, quella di associazione per delinquere.
Tuttavia, secondo il gip, il terzetto ha mostrato «di essere in grado di operare in maniera indisturbata sull'intero territorio nazionale per falsare l'esito di incontri di calcio di serie A e, quindi, l'esito dello stesso campionato italiano di calcio». Un meccanismo che è stato scoperto ascoltando mezza serie A (tra gli altri lo juventino Leonardo Bonucci e il portiere del Bologna, Jean Francois Gillet, entrambi ex Bari) e soprattutto l’altro ristoratore barese Nicola De Tullio, ex gestore di agenzie di scommesse ed a sua volta indagato. Le sue parole e i riscontri documentali sulle bollette delle giocate hanno convinto la Procura che Masiello mentiva.
derby truccato L’episodio più grave è naturalmente quello del derby Lecce-Bari, «L’unica partita - ha detto Laudati - su cui non si sono registrate scommesse anomale». Un modo per confermare che l’ipotesi su cui lavorano i magistrati, è quella del coinvolgimento diretto del Lecce, che attraverso persone «verosimilmente gravitanti nell’orbita» della società avrebbe «corrisposto una importante somma di denaro» per comprarsi i tre punti della salvezza.
Di due emissari che si presentano in ritiro «per conto del figlio del presidente del Lecce, Semeraro» parla in un interrogatorio l’ex difensore Marco Rossi. Salta fuori che i due erano proprio Carella e Giacobbe: avevano in tasca un assegno da 300mila euro (evidentemente lasciato in garanzia e mostrato soltanto a Masiello ) e 30mila euro in contanti che offrono a Rossi, Parisi e Bentivoglio.
«La settimana prima della partita - mette a verbale Rossi il 22 gennaio - sono stato avvicinato da Masiello che mi disse che ci sarebbe stato un milione di euro da dividerci in caso di sconfitta». Poi in ritiro arrivano i due tizi con i soldi, «ce li volevano dare subito se volevamo perdere questa partita». I presenti, dice Rossi, rifiutano. Masiello, almeno all’inizio, si accoda: «Gli altri rifiutarono - dice - e inizialmente rifiutai anch’io». Ma a rendere incredibili le sue parole c’è l’autogol segnato a 10’ dal termine, quando il Bari già perdeva 1-0: «Il giorno della partita - prova a giustificarsi - ero condizionato».
Condizionato, sì. Ma non tanto da dimenticarsi di incassare i soldi. Il 22 agosto - come dimostrano i tabulati telefonici - Masiello, Carella e Giacobbe si presentano a Lecce, all’Hotel Tiziano. Lì c’è un tale «fisicamente tosto, cioè non muscoloso, un po' grassottello, giacca e cravatta, vestito elegante, occhiali, capelli a caschetto quasi castani».
Un uomo sui 35 anni, alto 1,85-1,90, con due figlie («Mi disse che lui era preoccupato perché aveva due figlie, ha detto di non incassare l'assegno a Carella, perché sennò andava nei casini»), che arriva su una Mercedes Ml grigia. In una borsa ha poco più di 200mila euro, soldi «legati con le fascette». Masiello ne prende 50mila, ai due amici ne vanno circa 180mila. È questo il prezzo di un derby truccato.