L'odissea
Il conflitto fa tremare il settore calzaturiero
Assocalzaturifici Puglia: «Frenata dell’export. Aziende a rischio»
Crisi su crisi. Può essere riassunto cosi lo stato del comparto calzaturiero che, con la pandemia, ha visto precipitare ulteriormente una situazione già pericolosamente in crisi a causa della concorrenza sleale della Cina.
In questi giorni, anche in Puglia, come nel resto d’Italia, il settore calzature è in allerta per la crisi russo-ucraina, a pochi giorni dal Micam, il salone milanese leader a livello mondiale per le calzature dove la presenza dei buyer russi e ucraini ovviamente è in fortissimo dubbio.
«Non possiamo non esprimere profonda preoccupazione per le drammatiche conseguenze che le sanzioni economiche inflitte al sistema bancario russo, a seguito del conflitto in Ucraina, causeranno alle vendite delle aziende italiane su questo mercato fondamentale - commenta il presidente di Assocalzaturifici, Siro Badon -. La campagna ordini stava promettendo molto bene nonostante la coda della pandemia, l’instabilità e le tensioni politiche. Ora, il crollo della valuta e l’impossibilità di transare finanziariamente su diverse banche mettono a rischio l’ennesima stagione, nonostante la volontà di tanti clienti di visitare la fiera di Milano per perfezionare gli acquisti».
In Puglia, è risaputo, Il cosiddetto Tac (Tessile-abbigliamento-calzaturiero) è uno dei settori storici dell'economia regionale con circa 800 aziende specializzate (nel periodo pre Covid) nella fabbricazione di articoli in pelle e calzature, nelle due differenziazioni: a nord di Bari, a Barletta, per la scarpa di sicurezza e a sud, nel Salento, per le scarpe fashion e articoli in pelle.
«Nel 2021 il comparto calzaturiero ha evidenziato segnali di ripresa anche in Puglia grazie soprattutto alla ripartenza del settore cerimonie», spiega l’imprenditore Alessandro Porta che, insieme a Lucio Nucci, fanno parte del direttivo di Assocalzaturifici, l’associazione nazionale del sistema Confindustria.
Anche sul fronte export, così come Assocalzaturifici conferma, c’è stato un debole recupero (+2,5%), ma sono calate le imprese (- 6 unità tra calzaturifici e produttori di parti) e addetti occupati (-10).
«In autunno, inoltre - rincara la dose Porta -, i saldi sono andati male: il picco dei contagi, quarantene e socialità ridotta al minimo, hanno messo al palo gli acquisti seppur a prezzi convenienti».
Secondo i dati diffusi da Assocalzaturifici, Industria calzaturiera: nel primo trimestre 2021 in Puglia primo debole (+2,5%), ma calano imprese (-6 unita’ tra calzaturifici e produttori di parti) e addetti (-10)
«Per la prossima estate, prevedevamo una ripresa delle campagne vendita ma, adesso, l’operazione militare russa in Ucraina e l’imposizione delle sanzioni economiche e commerciali nei confronti della Russia avranno dure conseguenze sul comparto calzaturiero, una delle eccellenze del made in Italy. Stiamo già subendo i contraccolpi».
La Russia, infatti, rappresenta uno dei mercati di riferimento per il comparto calzaturiero, con 3 milioni di paia di scarpe acquistate, un fatturato pari a 220 milioni di euro e una crescita nell’ultimo anno del 9%. L’Ucraina, invece, importa 400mila paia di scarpe italiane per un valore di 30 milioni di euro.
«Ora questo tipo di export è tutto fermo. Tenga presente - aggiunge Porta - che circa il 10% della mia produzione è destinata alla Russia. Ci sono ordini pronti che avrei dovuto spedire questo mese ma, in attesa di ricevere il saldo dai clienti, sono bloccati. Nella stessa situazione si trovano alcune aziende calzaturiere del Salento dove di lavora soprattutto per rinomate griffe per conto terzi».
E poi c’è l’incognita estate che potrebbe pesare ulteriormente sui bilanci di produttori e venditori di scarpe. «Il turismo russo è sempre stato un target molto interessante per la sua capacità di acquisto e per il grande amore che ha nei confronti dell’Italia, della moda e delle calzature. Nei prossimi mesi, invece, prevediamo non soltanto l’assenza dei turisti russi in Puglia ma, anche, mancati introiti e, purtroppo, molte imprese in crisi».