Il caro vita

Bari, la crisi impoverisce la borsa della spesa: schizzano i prezzi di pane e pasta

Francesca Di Tommaso

A Bari in base a uno studio elaborato dal Codacons sui dati del ministero dello Sviluppo economico il costo della spesa alimentare è del 20% in più rispetto a Napoli

BARI - A Bari, la città più cara del Mezzogiorno per la spesa alimentare, per le famiglie sta diventando sempre più difficile fare la spesa. E non si parla di prodotti di nicchia, specialità esotiche e primizie di serra. A costare di più sono il pane, la pasta, lo zucchero, il sale: i beni alimentari di base. Il triste primato del capoluogo pugliese è un dato che emerge da uno studio elaborato dal Codacons su dati del ministero dello Sviluppo economico: per la spesa alimentare a Bari si spendono 81,26 euro, il 20% in più rispetto a Napoli e il 9,5% in più di Catanzaro, con le voci di spesa più alte per il pane, la carne, i pomodori e le verdure.
E, come afferma Coldiretti Puglia, «il carrello della spesa schizza con ricarico dal campo alla tavola fino al 400%, mentre le imprese agricole sono strozzate da aumenti dei costi energetici non compensati da prezzi di vendita adeguati».
Dai banchi dei mercati cittadini occhieggiano i prodotti di stagione, i prodotti del territorio sono allettanti, colori e odori invogliano. L’offerta c’è, la qualità anche. Ma non ci sono soldi a sufficienza per comprare quanto e come si vorrebbe. E la capacità di spesa è sempre più ridotta considerando che i salari, invece, sono praticamente fermi.
inflazione L’aumento generalizzato dei prezzi è l’effetto dell’inflazione, e un picco così alto non si vedeva da aprile 1996. Certo, le attività economiche stanno ripartendo, con tutto il carico drammatico di difficoltà dopo oltre due anni di stallo. Ma devono fare i conti con il forte rincaro dei beni energetici.
L’Istat ci aggiorna: a gennaio 2022 l’inflazione in Italia è salito del 4,8% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso e dell’ 1,6% su base mensile. I prezzi di petrolio, gas ed elettricità che a dicembre scorso erano a +29,1%, a gennaio 2022 sono ulteriormente saliti a +38,6%.

I mercatali «Noi facciamo il possibile per andare incontro al cliente, ma le bollette non hanno pietà: nel box qui al mercato dove abbiamo la macchina del ghiaccio per mantenere la merce, i costi della bolletta della luce sono passati da 700 euro a circa 1200, 1300 euro. E anche il pesce, soprattutto di importazione, ha subito un aumento». Francesco Buono lavora da 24 anni nel mercato coperto di Sant’Antonio. Adesso, di anni ne ha 38, e da undici lavora con la pescheria Genchi, due punti vendita, uno al mercato di Sant’Antonio e l’altro a quello di Santa Scolastica. «Lunedì, per esempio, il salmone che normalmente si vende a 8/9 euro, lo abbiamo venduto a 10,80/11 euro al chilo – continua Francesco - . Si cerca di assottigliare il margine di utile il più possibile per contenere i costi e non spaventare il cliente. Ma resta il fatto che su tutto il pesce standard, le spigole, le orate e in generale i prodotti del Mediterraneo, c’è stato un rincaro del 15/20 per cento». Nel rincaro, rientrano ovviamente i costi dei trasporti. «La benzina che costa di più incide anche nel nostro piccolo – continua Buono -. Se andiamo a Molfetta per comprare pesce e non troviamo nulla, dobbiamo spostarci dall’altro lato, verso Torre a Mare. Senza parlare del fatto che in questo mercato di pescherie siamo rimasti solo in tre, mentre a Santa Scolastica c’è anche più concorrenza, i banchi sono in più. Qui da noi quando cominciammo c’erano 90 postazioni, adesso ne sono rimaste solo quindici. E se la spesa delle famiglie continua a costare sempre di più, mentre gli agricoltori si vedono pagare,  secondo Coldiretti, dai prodotti dell’orto all’olio oltre il 30% in meno rispetto allo scorso anno, l’unica possibilità é ridurre al minimo la spesa stessa.

«I clienti? - conclude Francesco – anche i nostri fedelissimi ormai vengono a comprare solo il sabato. Il fine mese, poi, è tragico, non ci sono soldi e per le corsie del mercato girano in pochissimi».
Le famiglie Per le massaie, soprattutto quelle con le quali la vita non è mai stata generosa, la spesa creativa è d'obbligo: «La fettina di carne? Solo per mio figlio più piccolo» commenta Anna, un marito licenziato da agosto e un solo figlio al momento a casa. Per le spese in genere insegue saldi e promozioni. «Noi non arriviamo più nemmeno al 20 del mese. Ci sono momenti in cui non sai se mangiare o pagare le bollette». «La spesa? È aumentata quasi del doppio – commenta Mariagrazia, nata, cresciuta e tuttora residente a Japigia - . Da quando mio marito è morto, poi, anche se ho tre figli vivo sola e soppeso ogni spesa: l’ultima bolletta del gas di 80 euro per me è complicatissima da pagare. I commercianti del mercato, quello nuovo di Santa Chiara, ammettono di aver alzato i prezzi ma non per la sede nuova, ma perché le bollette della luce e dell’acqua sono aumentate anche per loro». «La frutta è intoccabile – rincara Tonia, vedova con due figli, una pensione di reversibilità e la richiesta già inviata del reddito di cittadinanza, anche lei a Japigia -. Anche le salse prodotte qui in zona sono care: da 55 centesimi si è passati a 79».

«Ho imparato ad usare il telefonino per far la spesa – aggiunge Tonia, vedova con due figli - . Vedo quanti soldi ho in tasca e mi faccio i conti, questo posso spendere e quelli sono» «Mia sorella mi ha fatto scoprire un gruppo risparmio su Facebook: compri alle loro condizioni e nel negozio che impongono, spedisci coupon con internet e dopo tot mesi arriva il rimborso. - continua -. L'anno scorso avevo il ripostiglio pieno di detersivi comprati in offerta». «Una donna del mio quartiere mi ha insegnato come fare la spesa con pochissimi soldi andando al mercato – racconta Grazia, due figli a carico e abbandonata da tempo dal marito - se hai solo 5 euro a disposizione non devi spendere a peso ma distribuire i 5 euro su quello che ti serve. I commercianti lo sanno: tu vai e chiedi la spesa di 2 euro, e tanto ti daranno. Io poi devo fronteggiare spese mediche notevoli perché ho la sclerosi multipla. A volte sono i figli che mi portano la spesa. E lì mi sento di morire, essere per loro un peso».

SCHIZZANO I PREZZI DI PANE E PASTA - Un giro tra le corsie di un supermercato e lo sconforto assale: offerte e promozioni abbondano, ma i costi si mantengono comunque alti. «A casa non riusciamo a fare a meno di comprare il pane di Altamura – commenta sconsolata Annarosa, mentre contempla enigmatica gli scaffali in un supermercato Dok – ma onestamente sta diventando un lusso». Effettivamente: Coldiretti Puglia denuncia un «aumento fino a 16 volte dal campo al pane sugli scaffali». Il pane Dop di Altamura, ad esempio, è passato da 2,90 a 3,40 euro al chilo (+17%). Ma anche i biscotti sono rincarati quasi del 20%, e la farina qualcosa di più. Anche la pasta sconta un aumento rilevante, circa 40 centesimi al chilo. Sono i prezzi dei prodotti più acquistati da una famiglia media. E si può toccare con mano il rincaro: +10% per una decina di generi alimentari di prima necessità, dal pane alla pasta ai biscotti, rispetto a qualche mese fa. Più modesto il rincaro registrato dal latte e dai suoi derivati, poco più del 5%. Non hanno subìto, invece, sostanziali aumenti l’olio e le passate di pomodoro. Per alcuni prodotti ortofrutticoli, ad esempio i finocchi, il rincaro sfiora il 30%, dovuto a un calo della produzione.
«Un paniere di prodotti di questo tipo – spiega Giovanni Pomarico, presidente del gruppo Megamark che in Puglia si occupa di distribuzione con i punti vendita Dok, A&O e Famila - sconta l’eccezionale aumento dei prezzi di grani e farine, anche del 60%, a cui aggiungere il rialzo di costi energetici e di trasporto che incide su tutti i generi alimentari; anche se va ricordato che tra novembre e oggi l’incremento del prezzo dei generi alimentari nel complesso è attorno al 3%, notevole ma lontano dal 10% di un paniere di prodotti base. Per proteggere il potere di acquisto e andare incontro alle esigenze delle famiglie - continua - abbiamo in parte assorbito l’inflazione, contenendo gli aumenti e riducendo parte dei nostri margini. Su alcuni prodotti, come la pasta, abbiamo assorbito il 50% dei rincari. E nei nostri punti vendita sono partite una serie di iniziative, come la distribuzione ai clienti dei buoni che consentono di ottenere nella spesa successiva sconti tra il 20% e il 25%; e poi, con l’iniziativa “Spesa difesa” abbiamo mantenuto inalterati, e in alcuni casi ribassato, i prezzi di alcuni nostri prodotti. Potendo incidere poco sui prezzi per l’inflazione - conclude -, ai consumatori che vogliono risparmiare sconsigliamo i prodotti fuori stagione coltivati nelle serre, rincarati per l’impennata dei costi energetici, mentre suggeriamo quelli di stagione e da filiera corta. Discorso simile per le carni: con i rincari per l’aumento dei costi dei mangimi e, anche in questo caso, del trasporto».F.Di Tom.

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